Gian Attilio Dalla Bona
Subito dopo aver conseguito la laurea in medicina, Dalla Bona aveva frequentato un corso per allievi ufficiali medici ed era stato quindi mobilitato come sottotenente. L'armistizio lo coglie a Verona, mentre è in licenza, e lui continua a curare feriti e malati nell'ospedale di piazzetta Santo Spirito. Dopo qualche mese si rende conto che la sua opera umanitaria può dispiegarsi meglio sulle montagne dove operano i partigiani; così quello che sarebbe poi stato conosciuto come il "dottor Gian", raggiunge le zone operative della brigata partigiana Pasubio e si aggrega alla banda di Giuseppe Marozin, alias "Vero". Il "dottor Gian" si sposta da una località all'altra, allestendo nelle caverne della zona basi di soccorso e d'assistenza sanitaria. Per mesi cura partigiani e semplici valligiani e quando, nel settembre del 1944, la formazione di Marozin viene annientata, Gian Attilio Dalla Bona riesce a raggiungere una delle divisioni Garemi, operanti nelle valli dell'alto Vicentino. Nel rigido inverno del 1944 il "dottor Gian" assiste i patrioti che hanno bisogno delle sue cure, diventa il "medico di famiglia" dei valligiani, non si sottrae a qualche combattimento, rimane anche ferito. Ma continua soprattutto nella sua opera umanitaria. Il 21 febbraio del 1945, mentre è in corso un massiccio rastrellamento, Dalla Bona viene a sapere che in una malga, trasformata qualche tempo prima dai partigiani in fragile fortino, ci sono da assistere un contadino semiparalizzato e un bambino malato. Lui li raggiunge e li cura; poi torna indietro perché, lungo la strada ha sentito dei lamenti. Aiutato da alcuni mandriani, recupera due partigiani e due brigatisti neri, rimasti feriti negli scontri del mattino, e li trasporta nella malga. Mentre li sta curando, irrompono i rastrellatori, che non sanno far di meglio che picchiare il medico "nemico"; poi, per "lavorarselo" a dovere, trasportano il "dottor Gian" nel carcere di Recoaro. Il prigioniero viene interrogato per ventisei ore consecutive, ma nonostante le torture non dice nulla che possa danneggiare i suoi compagni della "Garemi". Così lo prende in consegna il brigatista nero Giovanni Visonà (sarà poi giustiziato dopo la Liberazione), che è accompagnato da due ragazzini, assoldati nella Brigata nera di Valdagno per 50 lire il giorno. I tre caricano su un'auto il "dottor Gian", lo trasportano nella valletta denominata Facchini di sinistra e lo massacrano a raffiche di mitra.