Giancarlo Brugnolotti
Da bambino aveva abitato nel Comasco e a Milano, dove i suoi genitori si erano via via trasferiti; quando il padre aveva trovato lavoro in una rubinetteria di Lumezzane (Brescia), anche il giovane Giancarlo l’aveva seguito ed era stato assunto come operaio. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si era arruolato volontario e nel 1942 aveva combattuto a El Alamein. Rimpatriato per malattia contratta in Egitto, l’8 settembre 1943 si trovava a Novara, carrista nel Reggimento Lancieri. All’armistizio non ebbe esitazioni ed entrò nella Resistenza, partigiano della CXXII Brigata Garibaldi che operava in Val Trompia al comando di Leonardo Speziale e Giuseppe Gheda e poi, sino a che non cadde in mano ai nazifascisti, di Giuseppe Verginella. Dopo i colpi subiti dalla CXXII Garibaldi nell’autunno-inverno 1944, Brugnolotti scese a Milano e continuò nella lotta come gappista. Combattè con i patrioti di Giovanni Pesce sino alla vigilia dell’insurrezione. Il 21 aprile, con un altro compagno, assaltò la sede del Gruppo rionale fascista prossima a Porta Venezia e fu raggiunto dagli inseguitori mentre si stava allontanando in bicicletta da via Cadamosto. Catturato quando ebbe esaurite le munizioni e trascinato nell’edificio, il gappista vi fu vanamente interrogato e torturato per alcune ore. Riportato all’esterno della sede fascista, Brugnolotti fu eliminato a ridosso della chiesa di Santa Francesca Romana. Nel 1978 il Presidente Pertini ha concesso alla memoria di Brugnolotti la Croce al valore con questa motivazione: “Nel corso di un’azione di sabotaggio contro un agguerrito nemico veniva catturato. Durante la prigionia, pur sottoposto a lunghi interrogatori e a crudeli sevizie, nulla lasciava trapelare che potesse nuocere alla causa della libertà e ai suoi compagni di lotta. Il 21.4.1945 affrontava con ammirevole comportamento il plotone di esecuzione al grido di <Viva l’Italia libera>.