Gianfranco Mattei
Primogenito di sette fratelli, nel 1938 si era laureato in chimica all'Università di Firenze, con il massimo dei voti. Assistente del futuro Premio Nobel Giulio Natta all'istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano, ebbe l'incarico di insegnarvi chimica analitica quantitativa. In quegli anni iniziò alcune importanti ricerche sulla struttura e l'orientamento delle molecole polari, e si occupò di studi sulla produzione di detersivi sintetici. Dal '36 al '38 Gianfranco Mattei frequentò il corso allievi ufficiali a Pavia, ma già dal '37, con la sorella minore Teresita (che nel 1946 sarebbe diventata la più giovane deputata comunista alla Costituente e che nel 1995 è stata insignita del titolo di Grande Ufficiale al merito della Repubblica italiana), era entrato nel movimento antifascista lombardo.Allo scoppio della guerra, Mattei fu chiamato alle armi. La sera del 25 luglio del '43, insieme a pochi altri docenti universitari, compilò un manifesto che reclamava un cambiamento radicale della vita universitaria. Nelle settimane successive fece la spola tra Firenze e Milano, tenendo i contatti fra i gruppi di antifascisti attivi nelle due città. Dopo l'armistizio, costretto ad allontanarsi da Milano dove il padre era ricercato (aveva diretto la Confederazione dell'Industria durante il governo Badoglio), si trasferì nel Lecchese e in Valfurva, dove si formavano i primi gruppi di partigiani. Nell'ottobre lasciata la Lombardia, dove era troppo conosciuto, Mattei si recò a Roma. Dai dirigenti comunisti romani, fu incaricato di mettere a frutto le sue conoscenze scientifiche e di organizzare, insieme a Giorgio Labò, la "santabarbara" dei Gap, in una casa al numero 25 bis di via Giulia. Con l'arrivo di Mattei, la produzione di bombe migliorò sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. Furono pure fabbricati nuovi tipi di ordigni, come una bomba a mano a "doppio effetto" molto efficace contro i mezzi blindati. Il giovane professore contribuì anche all'organizzazione di efficaci azioni militari contro i nazifascisti, ma il pomeriggio del primo febbraio (pare su delazione di una spia fascista), fu sorpreso dai tedeschi nel laboratorio e rinchiuso nel carcere di via Tasso insieme a Labò. Torturato, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio del 1944, per non tradire i compagni, s'impiccò nella sua cella usando la cintura dei pantaloni.