Gilio Adolfo Tagliavini
Nell'organizzazione comunista clandestina di Reggio Emilia, quelli che erano in contatto con lui lo conoscevano come Caruso. Per tutti gli altri era il camerata Tagliavini, autista personale e "guardia d'onore" del Console comandante della 79a Legione M.V.S.N. di Reggio. Tagliavini si era infiltrato nel partito fascista per incarico dei suoi compagni e l'aveva fatto molto bene. Il contadino emiliano, infatti, si era prima premurato di studiare per ottenere la patente di guida, documento raro a quell'epoca, e quando "era diventato fascista" fece in modo da far apprezzare la sua abilità nella guida e la sua discrezione. Una volta diventato autista del Console, per Tagliavini divenne facile essere informato delle cose dei fascisti, per poterne riferire ai compagni dell'organizzazione comunista clandestina. Non solo: per molti mesi si servì dell'automobile di servizio per trasportare materiale propagandistico del Partito comunista nelle varie località della provincia dove operavano nella clandestinità altri antifascisti. Giunse persino ad utilizzare in varie occasioni quell'auto per accompagnare dirigenti comunisti (tra questi anche Teresa Noce), nei loro giri di riunioni clandestine nel Reggiano e nel Parmense. Sicuramente osò troppo, tanto che nel luglio del 1932 fu scoperto ed arrestato. Dai "camerati" Gilio Tagliavini subì atroci sevizie, ma non disse una parola sull'organizzazione degli antifascisti che pure conosceva molto bene. Deferito al Tribunale Speciale, "Caruso" fu condannato il 13 marzo del 1933 a 18 anni di reclusione e rinchiuso nella Casa penale di Castelfranco Emilia. Nove mesi dopo fu trasportato nel locale ospedale con una diagnosi di ulcera. Morì durante l'intervento chirurgico.