Gino Mangiavacchi
Militante sin dal 1939 nell’organizzazione comunista clandestina, mentre lavorava presso il Laboratorio di precisione dell’Esercito, Mangiavacchi fu scoperto e arrestato nel 1942.
Deferito al Tribunale speciale restò in carcere sino alla caduta del fascismo e vi rimase sino a quando i tedeschi attaccarono la Capitale. Fu in quella circostanza che l’operaio passò alla lotta armata, prendendo parte coraggiosamente alla vana difesa di Roma.
Quando i nazisti ebbero il sopravvento, Mangiavacchi, per incarico del PCI, passò la linea del fronte e, raggiunta Bari, riuscì ad entrare in contatto con la britannica “Special Force”.
Nell’ottobre del 1943, dopo un rapido addestramento, Mangiavacchi fu fatto sbarcare vicino a Sabaudia dagli inglesi e riuscì fortunosamente raggiungere Roma con un carico di esplosivi, che potè consegnare al comando dei Gruppi di Azione Patriottica. Ricercato dalle SS, si trasferì nel Viterbese dove assunse il comando delle formazioni garibaldine già operanti nella zona.
Liberata Viterbo, Mangiavacchi, entrato in contatto con gli americani dell’OSS, che avrebbero dovuto paracadutarlo nel Nord Italia, si ferì gravemente durante un lancio di addestramento e dovette rinunciare al suo programma. Nella Capitale ormai libera, si diede per qualche tempo all’attività di sindacalista per passare poi, dal 1946 al 1948, alla Commissione regionale per la concessione delle qualifiche partigiane in rappresentanza delle Brigate Garibaldi.
Per il contributo da lui dato alla lotta di Liberazione, Gino Mangiavacchi nel dopoguerra è stato decorato di Medaglia d’argento al valor militare.