Gino Tagliaferri
Dopo la licenza elementare lavorava da calzolaio. Perso nel 1919 in un infortunio sul lavoro il padre (cantoniere delle Ferrovie nel Grossetano), Gino Tagliaferri, con la madre e i due fratelli più giovani, si trasferì a San Pietro a Sieve (FI). Per Gino, che col padre aveva già partecipato a Grosseto alle manifestazioni contro la guerra, cominciò l'impegno con i giovani socialisti della località La Pietra, alle porte del capoluogo, e il lavoro come fabbro, che aveva scelto per non iscriversi al "fascio". Comunista dal 1921, Tagliaferri nel 1923 era responsabile della Cellula delle Officine Vezzani e nel 1925 fu tra gli organizzatori del Congresso provinciale del PCd'I a Firenze ed era entrato nel Comitato federale. Nel 1927 il primo arresto e un anno di carcere, prima che una sentenza del Tribunale speciale lo prosciogliesse per mancanza di prove. Nel 1929 (mentre era riuscito a ristabilire i contatti col Centro estero del partito, ma era stato licenziato dalle "Vezzani" ed aveva dovuto sopravvivere riparando biciclette), nuovo arresto. Condannato a quattro anni di reclusione, li scontò a Regina Coeli e nel carcere di Pallanza. Beneficiando dell'amnistia del decennale, Tagliaferri, nel 1932, tornò a Firenze dove riprese l'attività clandestina a fianco di Renato Bitossi, Romeo Baracchi e Aldo Lampredi. Nel 1934 altro arresto e condanna a 5 anni di reclusione, scontati in gran parte nel carcere di Castelfranco Emilia. Di nuovo incarcerato nel 1941, il comunista irriducibile fu sottoposto in prigione a pestaggi le cui conseguenze avrebbe dovuto sopportare tutta la vita, ma che non l'indussero a rinunciare alla lotta antifascista. Nel maggio del 1942 eccolo di nuovo a Firenze dove, alla caduta di Mussolini, è alla testa delle manifestazioni popolari di giubilo e che porteranno alla liberazione dei detenuti ristretti alle "Murate". Dopo l'armistizio è Tagliaferri uno degli organizzatori della lotta armata nella provincia di Firenze. È lui che contribuisce alla nascita della formazione partigiana "Lanciotto Ballerini" e dei gruppi di patrioti che combattono contro i nazifascisti nel Mugello; è sempre lui, col nome di battaglia di "Sanio", nel gennaio del 1944, tra gli organizzatori nel Senese della Brigata Garibaldi "Spartaco Lavagnini", partecipando poi alle principali azioni di questa Brigata come ispettore militare del CLN regionale sia nel Senese che nel Grossetano. Nell'agosto del 1944 partecipa alla liberazione di Firenze e il CLN toscano incarica "Sanio" di far parte della Giunta comunale. Negli anni successivi alla Liberazione vuole tornare al suo lavoro di "riparatore di biciclette", ma non rinuncia a contribuire all'attività delle organizzazioni democratiche: opera nel Comitato di assistenza dei reduci, è tra i fondatori dell'ARCI e dell'UISP, organizza gare sportive, promuove la costruzione di Case del Popolo, diffonde libri e nel 1977 pubblica l'autobiografico Comunista non professionale. È stato insignito di molte decorazioni, tra cui la Medaglia d'oro di "fondatore del Partito", la "Stella d'oro garibaldina", la Medaglia d'oro del Comune di Firenze.