Gino Tommasi
È stato una delle più grandi figure della Resistenza nelle Marche. Già l'8 settembre 1943, per incarico della Concentrazione antifascista di Ancona, nella sua veste di tenente colonnello di Artiglieria, prese inutilmente contatto con l'autorità militare locale, per indurla ad organizzare la difesa della città contro i tedeschi. Tommasi - che in quel frangente assunse il controllo del Corriere adriatico, pubblicandone cinque numeri prima dell'arrivo dei tedeschi - non riuscì a vincere le esitazioni dei nostri comandanti militari, che provocarono, tra l'altro, la deportazione di migliaia di nostri soldati acquartierati ad Ancona. A Tommasi non restò altro da fare che impegnarsi a fondo nell'organizzazione della lotta partigiana. Dopo la prima guerra mondiale, alla quale aveva partecipato come ufficiale della Territoriale, Gino Tommasi si era laureato in Ingegneria a Bologna ed aveva intrapreso, negli anni Venti, la professione ad Ancona. Conosceva quindi alla perfezione la zona e, non essendosi sottratto all'impegno politico durante il fascismo (prima nei gruppi socialisti, poi, dal 1942, nel Partito comunista clandestino), sapeva bene quale era l'orientamento della popolazione marchigiana. Fu così che, per iniziativa di "Annibale" (questo il suo nome di copertura), già nell'ottobre del 1943 operava, lungo la costa adriatica, un'organizzazione partigiana chiamata "Guardia nazionale". Da questa, in dicembre, sorse la Brigata d'assalto "Ancona" (organizzata in GAP e in bande). Nel gennaio 1944, la formazione sarebbe quindi diventata la 5a Brigata Garibaldi "Ancona". La comandava, appunto, "Annibale", al quale il CLN regionale aveva anche affidato il compito di coordinare l'iniziativa militare della Resistenza nelle altre province delle Marche. Fu nella notte dell'8 febbraio 1944, mentre rientrava ad Ancona da una riunione clandestina nel Pesarese, che Gino Tommasi cadde nelle mani dei fascisti. Rinchiuso nel carcere di Macerata e poi tradotto a Forlì, "Annibale" resistette alle torture dei suoi aguzzini, finché i fascisti se ne liberarono, consegnandolo ai tedeschi. Deportato a Fossoli e di lì a Mauthausen e nel sottocampo di Gusen, Tommasi si spense il giorno stesso della liberazione del campo. La motivazione della ricompensa alla sua memoria dice: "Tenente colonnello di artiglieria di complemento, fu tra i primi a partecipare alla lotta partigiana con instancabile attività e sprezzo del pericolo. Organizzò e comandò la Brigata garibaldina marchigiana. La sua forte personalità divenne il centro di attrazione per tutti coloro che sceglievano la via del dovere. Catturato dal nemico che vedeva in lui il simbolo della resistenza partigiana e sottoposto alle più atroci torture, serbava fieramente il silenzio, riuscendo altresì ad avvertire i compagni dell'incombente pericolo. Tra i deportati in Germania manteneva alto con l'esempio il nome d'Italia, finché la sua eroica vita fu troncata dagli inauditi stenti del campo di Mauthausen". Nel 1951, a Gino Tommasi, il Consiglio comunale della sua città natale ha intitolato una via di Ancona.