Giordano Pratolongo
Giovanissimo meccanico, nel 1919 cominciò la sua attività politica nel Circolo giovanile socialista di Scoglietto (Trieste) e negli anni 20 si batté contro le squadracce fasciste militando negli "Arditi rossi", che difendevano le sedi del Partito socialista, della Camera del Lavoro e de Il lavoratore. Più volte bastonato dai fascisti, quando nacque il PCd'I, Pratolongo non solo vi aderì, ma ne divenne un dirigente regionale. Membro della Commissione Interna di un'azienda triestina e licenziato per il suo impegno politico, il giovane operaio partecipò, nel 1926, al Congresso nazionale (clandestino), dei giovani comunisti e nello stesso anno fu incarcerato a Padova per aver partecipato, sempre nella clandestinità, a un convegno antifascista. Sul finire dello stesso anno, appreso che nei suoi confronti era stato emesso un nuovo mandato di cattura, Pratolongo riparò in Lussemburgo. Due anni dopo, espulso da quel Paese, cominciarono per l'operaio comunista le peregrinazioni dalla Francia alla Unione Sovietica, con frequenti viaggi clandestini in Italia, sino a che, nel marzo del 1931, Pratolongo fu nominato responsabile del "Centro interno" del suo partito. Due mesi dopo, l'arresto a Bologna, con accompagnamento di maltrattamenti e torture, e il deferimento al Tribunale speciale, con la condanna a 12 anni di reclusione. Nel 1932, per intervenuta amnistia, Pratolongo godette di due giorni di libertà, ai quali seguirono il confino a Ponza e a Ventotene. Dopo oltre dieci anni, nei quali non mancò di utilizzare la sua cultura di autodidatta per migliorare la preparazione politica degli altri relegati, Pratolongo poté finalmente tornare a Trieste. Era il mese di giugno del 1943. L'operaio comunista entrò subito a far parte del Comitato federale del suo partito nel capoluogo giuliano; il 9 agosto 1943 il governo Badoglio lo nominò commissario dei sindacati operai della provincia di Trieste e, come tale, membro del Fronte nazionale. In questo ruolo Pratolongo, il 9 settembre 1943, fu tra gli organizzatori della "Guardia nazionale" per condurre subito la lotta contro i tedeschi; ma la "Guardia nazionale" non poté entrare in azione, per il tradimento del Comando militare italiano e il lassismo delle autorità politiche badogliane. Fu così che Giordano Pratolongo, assunta la guida della Federazione comunista triestina, si diede a organizzare i primi gappisti e i primi nuclei partigiani del Friuli. Dopo l'arresto di molti dei membri del primo CLN triestino e di loro famigliari, nel gennaio del 1944 il dirigente comunista fu inviato dal suo partito a Torino, come responsabile della Delegazione Brigate d'assalto "Garibaldi" del Piemonte. Di queste - oltre che dei GAP e delle SAP di Torino - Pratolongo fu comandante (e responsabile militare del Triumvirato insurrezionale del Piemonte), sino al gennaio del 1945, allorché si trasferì di nuovo a Trieste come responsabile del Triumvirato insurrezionale triveneto composto, oltre che da lui, da Benvenuto Santus e da Stefano Schiapparelli. Chiamato a Roma dopo la Liberazione, Giordano Pratolongo fu eletto, nel gennaio del 1946, membro del CC del PCI. Nel giugno del 1946 fu tra i "costituenti" e, nell'aprile del 1948, fu deputato alla Camera per la circoscrizione Udine-Belluno-Gorizia. Sostenitore dell'unità degli italiani e degli slavi nella regione Friuli-Venezia Giulia, diresse a Trieste - durante l'occupazione angloamericana - il settimanale L'informatore del Popolo. Già provato da una malattia polmonare contratta negli anni del carcere e del confino, Pratolongo morì prematuramente dopo che, a Monfalcone, era stato selvaggiamente aggredito da una trentina di neofascisti.