Giorgio Bocca
Cresciuto in una famiglia della piccola borghesia piemontese (padre e madre erano insegnanti), Bocca frequentò la Facoltà di Giurisprudenza. Anche in virtù della sua attività sportiva e dei successi nello sci agonistico, era assai conosciuto negli ambienti del Guf cuneese. Chiamato alle armi, allievo ufficiale di complemento negli alpini, nel 1943 Bocca decide di aderire, nella clandestinità, al Partito d'azione. A questa scelta lo induce sicuramente l'esempio dell'amico Benedetto "Detto" Dalmastro, assai vicino a Tancredi "Duccio" Galimberti.
L'8 settembre, alla firma dell'armistizio, raggiunge (con Dalmastro e un gruppo di compagni, dopo aver raccolto le armi abbandonate nelle caserme di Cuneo), la frazione Lise di Monterosso Grana. Nasce così il primo nucleo della locale banda partigiana di "Italia Libera". Comandante di banda della formazione in Valle Maira, nella primavera del 1944 Bocca è inviato a stabilire le basi della Brigata Giustizia e Libertà "Rolando Besana" in Valle Varaita e ne diviene il comandante.
Il 5 di maggio, con Benedetto Dalmastro, Luigi Ventre e Costanzo Picco partecipa, al Col Soutron, a un incontro con il maquis francese della Seconda Regione (Alpi Marittime). All'incontro faranno seguito le intese politico-militari tra i due movimenti, stipulate a Barcelonnette (Valle dell'Ubaye) il 22 maggio e a Saretto (Val Maira) il 30 maggio. Nei primi giorni del 1945 Bocca è nominato comandante della decima divisione Langhe delle formazioni "GL". Torna quindi in Val Maira, divenendo commissario politico della seconda Divisione "GL". Tra le sue numerose azioni, si ricorda quella che tra il 12 e 13 aprile conduce alla cattura, nella cittadina di Busca, della compagnia controcarro della Divisione "Littorio" della RSI.
Dopo la Liberazione, Bocca si avvia alla carriera di giornalista, dapprima a Torino, nel quotidiano di Giustizia e Libertà e quindi, a Milano, come redattore del settimanale Europeo e come corrispondente del quotidiano torinese La Gazzetta del Popolo. Quando nasce Il Giorno, nel 1956, ne diviene inviato. Passa quindi a la Repubblica. Il suo è un giornalismo militante, che attraverso reportage, inchieste, commenti e interviste, si propone di denunciare i guasti della società italiana. La sua critica si accentua negli anni più recenti, forte di una scrittura semplice ma dura, concreta e aspra, di intensa comunicazione, sostenuta da un'alta moralità e da un legame mai interrotto con l'esperienza resistenziale.
I suoi articoli sono diventati, spesso, traccia e ossatura dei suoi numerosi libri, tra reportage, ricerca storica, pamphlet e autobiografia. Citiamo: Storia dell'Italia partigiana (1966), Storia d'Italia nella guerra fascista (Laterza, 1969/ Mondadori, 1995)), Palmiro Togliatti (Laterza, 1973/ Mondadori, 1996), La Repubblica di Mussolini (Laterza, 1977), Italia, anno uno (Garzanti, 1984), Noi terroristi (1985), L'Italia che cambia (Garzanti, 1987), Gli italiani sono razzisti? (Garzanti, 1988), La disunità d'Italia (Garzanti, 1990), l'autobiografico Il provinciale. Settant'anni di vita italiana (Mondadori, 1992), L'inferno. Profondo sud, male oscuro (Mondadori, 1992), Metropolis (Mondadori, 1993), Il sottosopra (Mondadori, 1994), Il filo nero (Mondadori, 1995), Il viaggiatore spaesato (Mondadori, 1996), Italiani strana gente (Mondadori, 1997), Voglio scendere (Mondadori, 1998), Il secolo sbagliato (Mondadori, 1999), Pandemonio (Mondadori, 2000), Il dio denaro (Mondadori, 2001), Piccolo Cesare (Feltrinelli, 2002), Basso impero (Feltrinelli, 2003), Partigiani della montagna (Feltrinelli, 2004), L'Italia l'è malada (Feltrinelli, 2005), Napoli siamo noi (Feltrinelli, 2006), Le mie montagne (Feltrinelli, 2006).
(o.p.)