Giorgio Catti
Giovane dell'Azione Cattolica, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 cominciò a svolgere attività antifascista clandestina all'Università di Torino e al Politecnico. Nella zona di Cumiana, che conosceva bene, il giovane si adoprò per organizzare i soldati sbandati; la sua attività si fece ancor più incisiva quando (col nome di battaglia di "Bossi"), entrò a far parte della Divisione autonoma Val Chisone. Durante i rastrellamenti dell'autunno-inverno 1944, il ragazzo si era nascosto in un fienile della Cascina Richetta, a Porte di Cumiana. Erano con lui Gianni Daghero "Lupo" e Michele Levrino. Giunse sul posto una compagnia di paracadutisti della "Folgore", che diede alle fiamme il rifugio dei tre partigiani che, quando uscirono per sottrarsi al fuoco, furono abbattuti a raffiche di mitra. Oltre alla medaglia al valore, a Giorgio Catti (un cui fratello ha sposato la figlia di Alcide De Gasperi), è stata intitolata una via della sua città. Di lui dice Silvio Geuna nel libro Le rosse torri d'Ivrea e a suo nome sono intitolati un Centro studi e un "Fondo" di documenti sulla Resistenza, conservato nell'Archivio dell'Arcivescovado di Torino.