Giorgio Iaksetich
Di famiglia operaia aveva compiuto gli studi con grandi sacrifici. Diplomatosi in ragioneria, grazie ad una borsa di studio poté iscriversi al Politecnico di Torino; la "borsa" gli fu però revocata per la sua militanza prima nel PSI e poi nel PCdI. Tornato a Trieste e conseguito il diploma di maestro, fu escluso dai ruoli per le sue scelte politiche. Divenuto segretario dei comunisti triestini, nel 1927 fu arrestato e confinato a Ponza. Scontata la condanna "Adriano", questo il suo nome in clandestinità, ripara prima in Svizzera e poi in Francia. Nel 1938 è ferito in Spagna, mentre combatte con il battaglione Garibaldi sul fronte dell'Ebro. Caduta la Repubblica spagnola è internato in Francia e poi consegnato alla polizia italiana. Iaksetich rimane al confino sino al 1943, poi, dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini, fugge dal campo di Renicci e torna a Trieste dove si impegna nella riorganizzazione del partito e nella costituzione delle prime unità garibaldine. Membro del comando della Brigata Triestina, operò successivamente nella zona slovena entrando a far parte del Comando di quelle formazioni come ufficiale di collegamento italiano. Dopo la Liberazione di Trieste è nominato vice comandante militare della città, sino a quando subentra il Governo militare alleato, che trova il modo di farlo condannare per "violazione di sue ordinanze" (aveva conservato una rivoltella), a 18 mesi di carcere. "Adriano" non sconta tutta la pena e riprende l'attività politica. Iaksetich ha diretto a Trieste il quotidiano "Il lavoratore" e a Bolzano, negli anni cinquanta, la locale Federazione comunista. Ha scritto molti articoli e saggi sulle vicende politico militari della Venezia Giulia e un volume sulla storia, in Slovenia, della brigata partigiana "Fratelli Fontanot".