Giovanni Ponti
Dopo la Prima guerra mondiale, fu tra i fondatori, a Venezia, del Partito Popolare, del cui Consiglio nazionale entrò a far parte. Con le elezioni amministrative del 1920 divenne assessore comunale e, dopo l'avvento del fascismo, continuò sino al 1931 (quando gli fu imposto di dimettersi), la sua attività nell'associazionismo cattolico. Professore di Lettere al Liceo "Foscarini" di Venezia, durante il regime dedicò il suo impegno soprattutto alla scuola, ma dopo la caduta di Mussolini fu tra i promotori della nascita della Democrazia Cristiana nella città lagunare. Nel gennaio 1944, chiamato a rappresentare il suo partito nel CLN regionale, prese - come recita la motivazione della ricompensa conferitagli nel 1953 - "... parte attiva nel movimento di resistenza ... coordinando l'azione dei primi gruppi armati, mantenendo collegamenti tra i vari comandi, dirigendo il servizio informazioni". Costretto a lasciare la città per sfuggire alle ricerche della polizia fascista, Giovanni Ponti il 7 gennaio 1945 fu arrestato a Padova con altri membri del CLN regionale e col figlio (Giorgio), dodicenne. Finito nelle mani della "banda Carità", il dirigente democristiano fu sottoposto a tortura. Dopo quattro mesi di detenzione si salvò dalla deportazione in un lager nazista, per intervento di autorità fasciste di Padova, che si precostituivano così benemerenze in vista della sconfitta nazifascista. Dopo la Liberazione, Ponti fu il primo sindaco di Venezia, sino alle elezioni del marzo 1946. Fu anche commissario alla Biennale, che presiedette poi sino al 1960, e presidente della Società europea di cultura. Eletto alla Costituente nel 1946, nel 1948 fu rieletto alla Camera. Dal 1953 fu senatore e nel biennio 1954-55 fu ministro per il Turismo, lo sport e lo spettacolo. È scomparso a Padova, dove si era fatto ricoverare per un intervento chirurgico. Nel 2005, a Ca' Farsetti, è stata scoperta una lapide commemorativa del sindaco della Liberazione di Venezia.