Giovanni Sissa
Ufficiale di Artiglieria, l’8 settembre 1943, quando la caserma dove il 46° Reggimento era acquartierato era stata assaltata dai tedeschi, riuscì a sottrarsi alla cattura. Il giovane tenente, dopo essersi rifugiato sulle montagne, riuscì a tornare a Genova e a ricollegarsi ad esponenti della Resistenza in Liguria, tra i quali l’avvocato Eros Lanfranco e il dottor Renato Negri che gli affidarono, per accompagnarlo in sicurezza tra i partigiani dell’Astigiano, un ufficiale alleato che era stato paracadutato in Liguria.
Tornato dopo questa missione a Genova, Sissa si adoprò per organizzare le prime Brigate di “Giustizia e Libertà” in Liguria e di costituire in città la Squadre di Azione Patriottica. Fu lui che cinque giorni prima della Liberazione, riuscì a sottrarre ai suoi aguzzini Luciano Bolis, che si trovava all’ospedale dopo essersi tagliato le corde vocali per non parlare.
A Giovanni Sissa nel 1978, l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini ha concesso la Medaglia d’argento con questa motivazione: “Ufficiale di complemento, per sfuggire alla cattura da parte dei nazifascisti, si rifugiò sulle montagne bresciane. Tornato successivamente a Genova entrava in contatto con le forze della Resistenza colà operanti, divenendone ben presto uno dei maggiori animatori ed organizzatori. Offertosi volontario per una rischiosa azione tendente alla liberazione di un partigiano detenuto all’Ospedale San Martino, riusciva nell’impresa dopo aver sopraffatto ed immobilizzato il piantone di guardia. Esempio di altruismo, di coraggio e di fede”.