Giovanni Venturini
Nella motivazione della massima ricompensa al valore, concessa nel 1972 a Venturini, si ricorda che, al momento dell'uccisione sua e altri tre compagni di lotta, avvenuta due settimane prima della Liberazione, rivolse ai componenti del plotone d'esecuzione parole di perdono e, a coloro che con lui stavano per morire, coraggiose espressioni di conforto.
La forza d'animo è stata una dei tratti caratteristici di Venturini. Ferito in combattimento durante la campagna di Russia, il giovane alpino, al momento dell'armistizio, era ricoverato all'ospedale di Imola, per esservi curato della ferita e dei postumi di un grave congelamento.
Nonostante fosse ancora infermo, nel novembre del 1943, raggiunto faticosamente il suo paese, Venturini si diede ad organizzare la lotta partigiana in Val Camonica. Entrato nella Brigata Fiamme Verdi "Schivardi", ne seguì le sorti per diciassette mesi e, malgrado fosse fisicamente menomato, si distinse fra i più attivi protagonisti della lotta contro i nazifascisti. Quando ormai la vittoria appariva vicina, Venturini cadde in mano al nemico che lo sottopose ad atroci sevizie, anche perché il valoroso partigiano si assunse l'intera responsabilità dell'organizzazione clandestina di cui faceva parte.