Giuseppe Albericci
Ha preso parte alla Resistenza nella 37ª Brigata Garibaldi “Leone Borrini”, comandata da Edoardo Bassignani e operante in Lunigiana e in tutta la provincia di Massa Carrara. Rimasto orfano di madre, Giuseppe raggiunse sui monti la sorella più grande che agiva come staffetta nella stessa formazione partigiana.
Seppur giovanissimo imparò in fretta quello che c’era da fare e si specializzò come sabotatore seguendo un addestramento di una settimana sull’uso delle mine organizzato da alcuni militari inglesi, in frazione Rigoso. Il partigiano “Jack”, questo il suo nome di combattente, indossava sempre un cappello di pelo con una stella rossa. Uomo di grossa corporatura, gentile e intelligente, era conosciuto anche come “Beppone”.
Albericci, pur nella sua indole schiva, è rimasto un punto di riferimento per tante generazioni di antifascisti a Licciana Nardi, Terrarossa, Villafranca, Bagnone, Corvarola, Merizzo e Gabbiana, dove poi era tornato ad abitare dopo essere “andato in Barsana” (cioè essere emigrato) come molti lunigianesi nel dopoguerra. I giovani lo hanno sempre apprezzato per le parole incisive nei ricordi della lotta di Liberazione e per la strenua difesa della memoria del movimento resistenziale dagli attacchi revisionisti, documentate anche nelle interviste raccolte dagli Archivi della Resistenza - Circolo Edoardo Bassignani.
In una delle testimonianze registrate, Giuseppe Albericci rivendica la giustezza della scelta compiuta quando era poco più che un ragazzino: “Andavamo incontro alla morte, eppure eravamo felici. Nel partigianato ho trascorso i miei giorni più belli, una scuola di vita irripetibile…”.