Giuseppe Bifolchi
Figlio di un piccolo coltivatore, durante la Guerra di Libia era stato nominato sottufficiale. Mobilitato durante la Prima guerra mondiale e promosso ufficiale, nel dopoguerra si schierò decisamente contro il fascismo tanto che, per sottrarsi alle persecuzioni degli squadristi dovette emigrare a Parigi. Espulso nel 1929 dalla Francia per la sua attività politica, il giovane anarchico (che si era molto impegnato nel movimento a favore di Sacco e Vanzetti), si trasferì in Belgio dove, con altri fuorusciti abruzzesi, fondò una pubblicazione intitolata “Guerra di classe”, che sosteneva posizioni comuniste, ma antistaliniste.
Allo scoppio della sedizione franchista, Bifolchi fu tra i primi antifascisti ad accorrere in Spagna. Combattente nella stessa colonna di Carlo Rosselli, quando questi fu ferito a Monte Pelato, assunse il comando del reparto volgendo in fuga i franchisti. Sotto la sua guida la formazione diventò battaglione, poi reggimento e infine XXXII Brigata dell’Esercito popolare spagnolo.
Dopo la caduta della Repubblica popolare, Bifolchi fu internato dai francesi nel campo di Vernet, dal quale riuscì a fuggire e a passare in Belgio. Arrestato e rispedito in un campo di internamento francese, fuggì di nuovo durante un bombardamento nei giorni dell’invasione nazista della Francia. Catturato dai tedeschi che lo incarcerarono in Baviera, l’anarchico abruzzese fu consegnato alle autorità fasciste italiane. Sarà il Tribunale dell’Aquila che il 28 gennaio 1941 lo condannerà a tre anni di confino perché “combattente antifranchista in Spagna”. Tradotto a Ponza, l’8 febbraio 1941 Giuseppe Bifolchi è trasferito a Ventotene di dove, il 25 luglio 1943, con gli altri anarchici lì confinati, il Governo Badoglio lo spedirà nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (AR).
Alla fine di agosto gli anarchici riescono ad evadere e Bifolchi, tornato a Balsorano, entra nella Resistenza. Passa più volte la linea del fronte, rende preziosi servizi informativi agli Alleati, ma non riesce ad evitare il bombardamento del suo paese, anche se li ha avvisati che il 4 giugno del 1944 di tedeschi a Balsorano non è rimasta nemmeno l’ombra.
Nominato sindaco alla Liberazione, Bifolchi organizza a Balsorano una cooperativa anarchica e collabora con i fogli libertari “Umanità Nova”, “L’Adunata dei Refrattari”, “L’Internazionale”. Negli anni Settanta del XX secolo si prodiga per far stampare libri di orientamento anarchico, tra cui il suo romanzo storico “Spartaco, la rivolta che dura”.
Emigrato negli Stati Uniti, Giuseppe Bifolchi tornerà in Italia per morirvi nell’Ospedale di Avezzano. Di lui si dice nel “Dizionario degli anarchici abruzzesi” di E. Puglielli, pubblicato a Chieti nel 2010. A suo nome è intitolata una Scuola elementare primaria di Balsorano.