Giuseppe Garribba
Figlio unico, a sei anni resta orfano del padre, maggiore di fanteria dell'esercito italiano, caduto sull'Altopiano di Asiago nel giugno 1918. Non ancora ventiduenne consegue la laurea in giurisprudenza all'Università di Bologna e si avvia alla carriera in magistratura. A soli ventisei anni, nel 1938, è nominato pretore di Cles (TN). Richiamato alle armi (1939-'40) e congedato per l'urgenza di destinarlo a esercitare le sue funzioni di magistrato, dal 1942 ricopre l'incarico di pretore a Soave e Cologna, in provincia di Verona. Nel 1943 aderisce al Partito d'Azione clandestino, in stretto contatto con Ettore Gallo, futuro presidente della Corte costituzionale, allora pretore di Lonigo. Nel giugno '44, quando anche a Soave si costituisce il primo CLN, ne viene eletto presidente. Contemporaneamente, sulle colline della zona, organizza una compagnia di 115 giovani partigiani sotto il comando del ten. Augusto Tebaldi e, ogni volta che le circostanze glielo consentono, si reca da loro a portare incoraggiamento ed aiuto materiale. Per incarico del CLN provinciale prende contatti con gli altri comitati del Mandamento e, dove questi non esistono, si interessa della loro costituzione. Caduto in sospetto, Giuseppe Garribba subisce un attentato nel giardino di casa con il lancio di una bomba a mano che lo ferisce a un ginocchio. Incurante dell'ammonimento, prosegue nell'attività clandestina fino al giorno dell'arresto, che avviene nella sua abitazione il 25 settembre 1944 a opera di una brigata nera. Il mattino seguente, però, il cancelliere della Pretura presenta ricorso al Comando tedesco in quanto l'arresto è stato eseguito senza emissione di un regolare mandato di cattura. La brigata è costretta a rilasciarlo ma con l'impegno a non muoversi da casa. Malgrado la possibilità di sottrarsi all'obbligo di dimora, la dignità di magistrato e la parola data glielo impediscono. Dopo poche ore è nuovamente arrestato e tradotto a Verona, dove viene sottoposto a interrogatorio. Quindi, insieme a due coimputati, l'arciprete di Soave don Ludovico Aldrighetti e l'avv. Giovanni Perezzan, vicepretore, è inviato al campo di concentramento di Bolzano. Da lì riesce a inviare un'ultima lettera alla moglie, in attesa di un bambino, prima di essere deportato a Dachau. Giunto nel lager è assegnato ai lavori di scavo di una galleria vicino alla città di "berlingen ma, ridotto allo stremo dalle fatiche, dalla fame e dal gelo dell'inverno tedesco, viene fatto rientrare a Dachau, dove muore il 24 marzo 1945 a 32 anni, lasciando l'amatissima moglie e quattro figli piccoli. Il Comune di Verona gli ha intitolato nel 1965 una via della città, mentre a Soave, su iniziativa dei 12 comuni del Mandamento che egli aveva amministrato, nella sala delle udienze del palazzo della Pretura, ora sala Giuseppe Garribba, è stato posto un busto in bronzo che lo raffigura.
(c. a.)