Giuseppe Martini
Durante il ventennio del regime, per il suo antifascismo, era stato più volte assegnato al confino di polizia, dal quale era ritornato malfermo in salute. Ciononostante, dopo l'armistizio, Martin, com'era chiamato, accorse subito nelle file della Resistenza imperiese, partigiano combattente nel leggendario distaccamento di Candido Queirolo. Durante un aviolancio di rifornimenti su Cima Morta, mentre i partigiani si apprestavano a sganciare le casse dai paracadute, furono sorpresi dai tedeschi. Nel combattimento che ne seguì, Martini fu seriamente ferito, ma riuscì a sganciarsi e a rifugiarsi in una casera disabitata nei pressi di Gerbonte. Rimase nel suo riparo quasi una settimana, contando che i nemici si fossero allontanati. Riprese le forze, si apprestava a tentare di raggiungere i suoi compagni, quando fu scoperto e circondato dai tedeschi che stavano effettuando un nuovo rastrellamento. Martin piazzò una mina antiuomo davanti all'ingresso del suo rifugio, si asserragliò nella casera e cominciò a sparare contro i nazifascisti fino a che non esaurì le munizioni. Finiti gli spari, i primi due soldati tedeschi che si avvicinarono alla costruzione furono dilaniati dall'esplosione. Martini uscì allora allo scoperto, lanciandosi a mani nude contro il nemico. Fu falciato da una raffica.