Giuseppe Osella
Consigliere delegato di una manifattura di Borgosesia aveva aderito al primo fascismo, tanto che nel 1942 era stato nominato podestà di Varallo Sesia. Ma era fondamentalmente di formazione e di tendenze liberali. All'indomani della caduta di Mussolini, Osella fu avvicinato da Cino Moscatelli che (memore dell'aiuto che l'industriale gli aveva prestato anche durante il fascismo), gli propose di collaborare con gli antifascisti, nel nuovo clima politico che si era determinato dopo la caduta di Mussolini. Osella accettò e si prodigò per la istituzione della commissioni interne nelle fabbriche della zona, per accelerare la liberazione degli antifascisti ancora in carcere, per dar vita a organizzazioni democratiche, tanto da meritarsi l'appellativo di "papà della Valsesia". L'industriale partecipò anche - come rappresentante (seppur informale) del Partito liberale - alle prime riunioni clandestine del "Comitato Valsesiano di Resistenza", che si tennero nella Villa Grober di Borgosesia. Quando Moscatelli, nell'ottobre del '43, fu arrestato dai carabinieri, riuscì a farlo rilasciare. Fu proprio questo suo comportamento che determinò, poco più tardi, la decisione dei repubblichini di "fargliela pagare". Quando, nel dicembre del 1943, i militi del 63° battaglione "M" giunsero in Valsesia per stroncare il "ribellismo", Osella fu tra i primi a essere arrestato. Dopo una notte di torture nella sala consiliare del Comune, Osella fu fucilato, con altri otto antifascisti, contro il muro della chiesa di S. Antonio. Nell'estate del 1944 il nome di Giuseppe Osella fu assunto dalla 82ma Brigata Garibaldi; dopo la Liberazione fu decorato "alla memoria".