Guglielmo Peternich
Nella Bassa Friulana, che Peternich avesse idee democratiche era tanto noto che, dalla primavera del 1932, la polizia fascista cominciò a perseguitarlo. Le piccole, metodiche vessazioni durarono sino al giugno del 1934, quando il giovane fu arrestato dall'OVRA; l'accusa: "...aver manifestato pubblicamente idee e intendimenti contrari al governo fascista". Tradotto a Trieste e rinchiuso nelle carceri del Coroneo, Peternich fu deferito al Tribunale speciale. Il processo (presidente Le Metre, relatore Buccafurri), si concluse il 14 maggio 1935 con la condanna del giovane a sei anni di reclusione, parte dei quali condonati. Pene analoghe furono inflitte ad altri nove antifascisti giuliani, quasi tutti muratori o contadini (Giuseppe Gruden, Albino Pertot, Cesare Furlan, Umberto Visintin, Giovan Battista Toninati, Luigi Violin, Antonio Bene, Guerrino Bogatec e Giuseppe Sandrigo), processati con Peternich per la stessa accusa. Dopo altri due mesi di carcere a Roma, a Regina Coeli, il giovane antifascista fu confinato a Castelfranco Emilia, dove rimase sino al febbraio del 1937. All'indomani dell'armistizio del 1943, Peternich entrò nelle file della Resistenza giuliana. Comandante di compagnia nel 1° Battaglione della Brigata Garibaldi "Fontanot" della Divisione "Sinistra Tagliamento", dal giugno 1944 e fino all'insurrezione del maggio 1945, si distinse per audacia in numerosi fatti d'arme.