Guglielmo Salvadori
Appartenente all'antica famiglia dei conti Salvadori-Paleotti (che si erano stabiliti nel Fermano sin dalla metà del XV secolo), si era laureato a Firenze e a Lipsia e aveva conseguito la libera docenza in Filosofia del Diritto all'Università di Pisa e, più tardi, quella di Filosofia morale a Roma. Sposato con una donna dalle ascendenze inglesi, fu Salvadori a far conoscere in Italia il filosofo e sociologo Herbert Spencer, dal quale mutuò una fiera avversione per ogni forma di totalitarismo tanto da indurlo, nel 1924, a firmare su due autorevoli giornali britannici articoli contro Benito Mussolini "corruttore della gioventù". La ritorsione non si fece attendere: aggredito a Firenze da una torma di squadristi, Salvadori si salvò grazie anche all'intervento del figlio Max. Costretto a trasferirsi in Svizzera con la famiglia per sfuggire ad altri attentati, il docente rientrò coraggiosamente in Italia per testimoniare nel processo-farsa contro i suoi aggressori, ma dovette subito tornare in Svizzera. Nella Confederazione Salvadori restò dieci anni a Begnins, una località a una diecina di chilometri da Losanna, senza però riprendere gli studi di economia, di etica e di religione che, sino al 1924, si erano concretizzati in una quarantina di pubblicazioni. Tornato a Fermo, il docente fu oggetto di una continua sorveglianza poliziesca (che costò alla moglie, Giacinta Galletti, tre anni di confino), ma non si piegò mai al fascismo. Anzi: la sua abitazione divenne un punto di riferimento per gli antifascisti della zona. I figli (Max e Joyce), continuarono la lotta contro la dittatura in Italia e all'estero; il professore uscì dal suo isolamento nel 1943-44, partecipando alle sedute clandestine del CLN di Porto San Giorgio (AP) e aprendo la sua casa a partigiani ed ex prigionieri di guerra alleati.