Leonida Roncagli
Fu arrestato la prima volta a Bologna per l'attività antifascista che aveva svolto nel Milanese e, nel 1927, fu confinato per tre anni a Lipari, dove fu raggiunto dalla moglie e dove nacque il figlio Vladimiro. Nel 1930 il primo espatrio clandestino, per partecipare a Zurigo al congresso della CGdL, e poi, dopo circa tre anni in Unione Sovietica, il rientro in Italia, con documenti che lo spacciavano come un ingegnere cecoslovacco. Roncagli non rinunciò mai a lottare contro il fascismo tanto che nel 1934 fu di nuovo arrestato a Savona (con Andrea Aglietto ed altri compagni liguri) e di nuovo condannato dal Tribunale speciale. Tredici anni di carcere trascorsi tra San Giovanni in Monte, Civitavecchia, Regina Coeli, Pianosa, non scontati sino alla fine per una sopravvenuta tbc. Ma la malattia non induce Roncagli a desistere. Tra il 1940 e il 1943 è segretario dei comunisti bolognesi e il periodo della Resistenza lo vede, col nome di battaglia di "Pietro" a capo (con Antonio Roasio e Giuseppe Rossi), del Triunvirato insurrezionale di Firenze. Il tempo, dopo la Liberazione della città, di organizzare nel capoluogo toscano la Confederazione del Lavoro ed ecco Roncagli a Roma, membro della Commissione di controllo e del CC del suo partito. Nel 1946 è a Modena, segretario di quella Federazione comunista, che lascia (è lui che svolge l'inchiesta sugli omicidi politici del cosiddetto "triangolo rosso"), dopo il gennaio 1950, quando la polizia di Scelba compie l'eccidio delle "Fonderie Riunite". Negli anni 1954-55 è a Praga, poi nel 1957 è a Bologna dove presiede il consorzio delle COOP e dove si spegne prematuramente.