Livio Pivano
Ragioniere, si era diplomato in Filologia all'Università di Haidelberg, ma nel 1912 era stato espulso dalla Germania per aver pubblicato un articolo contro l'imperialismo tedesco. Combattente nella guerra 1915-18, Pivano, che era stato ferito e decorato, fondò ad Alessandria l'Associazione combattenti e, nel 1924, fu eletto deputato nella Lista nazionale (dominata dai fascisti). Dopo il delitto Matteotti, Pivano, con il piccolo gruppo dei "combattenti", si schierò con l'opposizione. L'11 dicembre 1924, in un discorso a Montecitorio, attaccò apertamente il governo di Mussolini; ciò gli valse, negli anni del regime, le persecuzioni dei fascisti. Queste non lo dissuasero dal suo impegno politico, tanto che, durante la Seconda guerra mondiale, partecipò alle attività clandestine del movimento "Giustizia e Libertà". Arrestato anche durante il Governo Badoglio, per aver capeggiato dopo il 25 luglio una manifestazione antifascista, dopo l'armistizio, Pivano fu, con Martorelli e altri democratici, tra gli organizzatori della Resistenza in Piemonte. Arrestato nel novembre 1943 e rilasciato dopo sei mesi di carcere, riprese la collaborazione col CLN regionale piemontese e si diede all'organizzazione di formazioni partigiane nell'Alessandrino. Di nuovo arrestato il 28 febbraio 1945 a Valenza, il coraggioso "azionista", riuscì a fuggire e a raggiungere Torino. Nelle giornate della Liberazione, quando il CLN lo nominò prefetto di Alessandria, fu lui a trattare la resa dei tedeschi nel capoluogo di provincia e a Valenza. Sostituito in Prefettura, nell'ottobre 1945, da Carlo Galante Garrone, nel dopoguerra, Livio Pivano, che fu membro della Consulta nazionale, è stato anche presidente del "Comitato per la storia del Risorgimento italiano" ad Alessandria. Ha svolto pure una feconda attività pubblicistica su quotidiani e riviste ed ha pubblicato numerosi libri. Un "fondo" di carte e documenti a lui intitolato, è conservato all'INSMLI.