Lodovico Barbiano di Belgiojoso
Sarà sicuramente ricordato nella storia dell'architettura moderna italiana, come il fondatore dello studio B.B.P.R. e per opere come la Torre Velasca o il Quartiere Gratosoglio di Milano, realizzati secondo i dettami dell'architettura razionalista. Ma sono la sigla dello studio e i Memorial italiani a Mauthausen e Auschwitz, insieme alle poesie e ai disegni realizzati durante la prigionia, a rivelare la tempra di Begiojoso, un combattente per la libertà e la democrazia. La sigla dello studio, innanzi tutto: quel B.B.P.R. sta, infatti, per Belgiojoso, Banfi, Peressutti, Rogers, i nomi dei giovani architetti che nel 1932, fondarono lo studio; quel nome è rimasto immutato anche quando, dopo la Liberazione, lo studio fu riaperto senza Gian Luigi Banfi, ucciso con il gas a Gusen, sottocampo di Mauthausen, pochi giorni prima della fine della guerra. Durante l'occupazione nazifascista lo studio, già in pratica smembrato nel 1938 con la promulgazione delle leggi razziali, era diventato un punto di riferimento per la Resistenza milanese e per il movimento Giustizia e Libertà. Cessò ogni attività quando Belgiojoso e Banfi (Peressutti sfuggì alla cattura) furono arrestati per una delazione e tradotti a Mauthausen. Barbiano di Belgiojoso riuscì a sopravvivere, com'ebbe a raccontare anni dopo, scrivendo poesie e disegnando su pezzetti di carta. "Mi salvai - raccontò pure - soltanto perché sapevo il tedesco e sapevo usare il tornio, visto che mia madre aveva voluto che imparassi a fare il falegname e il fabbro". Di Banfi restò soltanto il nome "in ditta".
Nel 2002 a Lodovico Barbiano di Belgiojoso era stata assegnata, dalla Presidenza della Repubblica, la "Medaglia d'oro alla Cultura".