Luigi Davide Emer
Luigi Davide Emer è un comandante Partigiano, nome di battaglia “Avio”, in quanto proveniente dall’aviazione. Il 26 agosto 1944 guida il suo battaglione, insieme a un’altra formazione con a capo Aldo Iseppi, nell’attacco a un presidio nazifascista a Cavalese (TN).
Nel bosco, subito prima dell’azione, esplode una bomba a mano e Luigi è investito dalle schegge e riporta le fratture di una gamba e un braccio. Creduto ormai morto dai compagni è lasciato disteso su un carretto. Si sveglia nella notte e all’alba è soccorso da una staffetta e da un medico, più tardi però si ritrova accerchiato dai tedeschi.
È imprigionato, interrogato e torturato nella caserma di Cavalese senza rivelare neanche la sua vera identità. Solamente dopo oltre un mese è ricoverato all’ospedale di Bolzano e ingessato, a disposizione del Procuratore del Tribunale Speciale. Il 12 dicembre è resa definitiva la sua condanna a morte: Luigi Emer per la prima volta conferma le generalità. Ai primi di febbraio del ’45 in due sono prelevati per essere eliminati ma dopo l’uccisione dell’altro prigioniero, Francesco Rella, l’esecuzione è sospesa.
Emer è condotto al campo di concentramento di Bolzano, in via Resia, identificato dal triangolo rosso dei “politici”.
Tra fame, privazioni e infermità vi trascorre tre mesi, cercando di sfuggire agli aguzzini del campo, due ucraini e uno soprannominato “la Tigre”. Con lui sono militari, disertori, alcuni religiosi, famiglie di ebrei con bambini, molte donne (tra cui la prima moglie di Indro Montanelli): un giorno, Luigi riceve due uova da un pacco di un prigioniero italo-americano ma, seppur affamato, le regala al conte Wolkenstein del Castel Toblino che sta per morire di stenti e, sopravvissuto, nel dopoguerra gliene resterà grato.
La Liberazione arriva il 30 aprile 1945 ad opera della Croce Rossa Internazionale e del CLN di Bolzano e Milano: «Eravamo increduli, andai fuori e fui ospitato per un pasto in una famiglia del quartiere operaio delle casette Semirurali. Avevo con me un piccolo bloc-notes e ci tenevo dentro la mia tessera della cellula clandestina del Partito comunista all’interno del campo e un foglio che mi era stato rilasciato prima di uscire».
Su quel biglietto era scritto: “Il Signor Emer Luigi, matricola n°9861, è un ex detenuto politico. Egli merita perciò l’aiuto di tutte le autorità civili e militari e di tutti i cittadini dell’Italia liberata”.