Luigi Pierobon
Il suo cattolicesimo non gli fu d'ostacolo a combattere contro i nazifascisti in una formazione, la "Ateo Garemi", composta quasi totalmente da operai socialisti e comunisti, anche se supponeva che, liberata l'Italia, i suoi compagni avrebbero fatto la rivoluzione. Nel maggio del 1944, il giovane partigiano, in una lettera ad uno zio monsignore, spiegava così il suo sofferto impegno: «Si devono però fare delle osservazioni, e gravi, al nostro movimento. Gli Italiani sono sempre un po' troppo chiacchieroni ed egoisti; all'interesse comune non vogliono sacrificare quello del partito: succede così che il Partito d'Azione e quello Democratico cristiano hanno armi che non sono a nostra disposizione. L'unico che non si possa accusare di questo, è quello comunista. Ed ha la prevalenza nel nostro movimento. Perfettamente ligio al Comitato di Liberaz. Naz. assegna posti di responsabilità a tutti, purché di buona volontà (a me, per es. è stata affidata la responsabilità militare del battaglione "Stefano Stella")».
Luigi Pierobon, sfuggito ai tedeschi al momento dell'armistizio, che l'aveva sorpreso mentre si trovava al Deposito del 73° Reggimento fanteria, aveva raggiunto i partigiani sulle Prealpi vicentine nel febbraio del 1944. Pochi giorni dopo, la formazione si era smembrata, a seguito di un violento scontro a fuoco a Malga Campetto, ma con un robusto gruppo di partigiani il giovane studente era riuscito ad attestarsi nella zona Marana-Crespadoro. Un mese dopo, una parte degli uomini fu convinta a passare con la Divisione autonoma "Pasubio", ma Pierobon, con i partigiani rimasti, si ricollegò ai compagni di Malga Campetto, guidando audaci azioni contro i nazifascisti. Ferito durante un colpo di mano che portò alla liberazione di sette patrioti prigionieri a Recoaro, non molto tempo dopo "Dante" - questo il suo nome di battaglia - portò a termine una delle imprese più audaci della Resistenza vicentina: l'attacco al Ministero della Marina a Montecchio Maggiore. Un'altra audacissima impresa - l'attacco al presidio fascista di Lerino, che Pierobon aveva accuratamente preparato - sfumò quando "Dante", sceso a Padova per l'ultima messa a punto del piano, fu tradito da una spia e catturato dai fascisti. Torturato a lungo e infine condannato a morte, il ragazzo fu fucilato insieme con altri giovani incarcerati dai fascisti. Di fronte al plotone d'esecuzione, Luigi Pierobon gridò: "Siete servi venduti. Noi moriamo per l'Italia".