Manfredo Bertini
Iscritto all'Università di Pisa, si era già imposto nell'ambiente cinematografico come tecnico della fotografia e del montaggio. Dopo l'8 settembre 1943 fu tra i primi organizzatori, con il nome di battaglia di "Maber", della resistenza partigiana in Toscana. Comandante di un gruppo combattente della Divisione "Giustizia e Libertà" operante nella zona Viareggio-Alpi Apuane, il 5 marzo 1944, arrestato dai fascisti, riuscì ad evadere. Nella primavera del 1944, Bertini raggiunse l'Italia liberata e - così come aveva già fatto la cognata Vera Vassalle- entrò nel Servizio informazioni degli Alleati.
Dopo un rapido addestramento fu paracadutato in provincia di Piacenza. "Maber" riuscì in breve tempo a trasmettere al Comando alleato oltre duecento preziosi messaggi sui movimenti delle truppe tedesche, collaborando anche all'attuazione di numerosi aviolanci. Incappato, con i partigiani della Divisione Piacenza, in un massiccio rastrellamento, febbricitante e indebolito dai postumi di una ferita subita, sapendo che i suoi compagni non l'avrebbero lasciato solo, decise di distruggere la ricetrasmittente e (dopo aver scritto un nobile biglietto ai suoi famigliari), di farsi saltare con una bomba a mano.
Nella motivazione della ricompensa al valore si ricorda, tra l'altro che "combattendo a fianco di un gruppo di patrioti rimaneva gravemente ferito e parzialmente paralizzato ad un braccio. In altra violenta azione contro soverchianti forze nazifasciste dopo essersi strenuamente difeso, esaurite le munizioni, immolava la sua giovane vita per la rinata libertà della Patria"
Per onorare la memoria di Manfredo Bertini, l'Ateneo pisano gli ha conferito, il 4 novembre 1945, la laurea "ad honorem". Il sacrificio di "Maber" è ricordato anche nel monumento che - alle Aie di Busseto a Pecorara (PC) - è stato eretto in memoria dei Caduti partigiani.