Maria Arata
Nel 1926 suo padre, Emilio, che era segretario generale della provincia di Massa e Carrara, fu obbligato, perché socialista, a rinunciare all'incarico. Si trasferì così con la famiglia a Milano, dove Maria si laureò e divenne assistente di Botanica all'Università. La giovane insegnante passò poi al Liceo "Carducci", con l'incarico di professoressa di Scienze naturali. Fu in questo ambiente che Maria Arata entrò in un gruppo antifascista clandestino, del quale facevano parte studenti ed insegnanti, tra i quali Augusto Massariello, che sarebbe poi diventato suo marito.
Dopo l'8 settembre 1943, Maria si dedicò alla diffusione di stampa clandestina, alla raccolta di fondi per sostenere le formazioni partigiane operanti nel Milanese, al procacciamento di documenti falsi per ebrei e per renitenti alla leva della RSI. Il 4 luglio del 1944, la professoressa fu arrestata dalla GNR mentre, nella sua abitazione milanese, era riunita con alcuni studenti. Maria Arata, dopo un primo interrogatorio, fu rinchiusa nel carcere di San Vittore e poi passata nel "braccio" gestito direttamente dai tedeschi. Dopo due mesi la deportazione, prima nel campo di Bolzano e poi, in Germania, nel lager di RavensbrŒck.
Riuscita a sopravvivere, la Arata fu liberata il 30 aprile del 1945 dalle truppe sovietiche. Nell'agosto dello stesso anno il ritorno in Italia e, poi, la ripresa dell'insegnamento nel Liceo che aveva drammaticamente lasciato. Poco prima di morire terminò la stesura di un libro di ricordi, Il ponte dei corvi, diario di una deportata a RavensbrŒck, pubblicato da Mursia in diverse edizioni e tradotto nel 2005 anche in tedesco.