Maria Cantù
Era conosciuta nella Resistenza come Mariuccia ed era una delle più valide staffette del Comando milanese delle formazioni di “Giustizia e Libertà”.
Caduta nelle mani dei fascisti, che la sorpresero nella sede del Comando (dove si stava recando portando con se una macchina per scrivere, assegni e denaro, oltre a documenti che sarebbero dovuti servire per consentire l’espatrio di ebrei e di prigionieri alleati), Mariuccia fu portata con altri patrioti nella base repubblichina di Via Rovello.
Con loro sarebbe arrivato anche Angelo Finzi che, dopo sei giorni di interrogatori e di torture, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, fu prelevato con la Cantù, caricato su un’auto e abbattuto a colpi di pistola con la staffetta in via Airaghi. I due corpi, abbandonati nella neve e nel fango, furono trovati il giorno dopo da alcuni passanti, che provvidero a farli portare all’Obitorio.
Nel dopoguerra si scoprì che, nei registri di Via Rovello, i fascisti avevano scritto, accanto ai nomi della Cantù e di Finzi, l’indicazione che le loro vittime erano state rimesse in libertà. Per questo delitto, tra il 1947 e il 1948, il Tribunale di Milano emise sentenza di condanna per i capi ed i gregari della Legione autonoma “Ettore Muti”.
Il sacrificio di Maria Cantù e Angelo Finzi è oggi ricordato da una lapide collocata in via Airaghi.