Maria Peron
Nella prima infanzia era rimasta orfana del padre, contadino, caduto al fronte nella Prima guerra mondiale. Adolescente si era trasferita con la famiglia a Ravenna. Si era poi spostata in Lombardia dove, dopo aver conseguito il diploma di infermiera presso la scuola per infermiere dell'ospedale Niguarda di Milano, aveva preso a lavorare all'Ospedale Maggiore di Milano, alle dirette dipendenze del primario chirurgo in sala operatoria. Cattolica praticante, Maria, dopo l'8 settembre 1943, entra in contatto con la Resistenza milanese per il tramite dei prigionieri politici che, dall'infermeria del carcere di San Vittore, bombardata, erano stati trasferiti a Niguarda. Comincia così la collaborazione dell'infermiera con i GAP e l'organizzazione della fuga dall'ospedale di ebrei e antifascisti, avviati all'espatrio clandestino o alle formazioni partigiane. Nel giugno del 1944, quando i fascisti scoprono l'organizzazione, l'infermiera riesce a sottrarsi alla cattura calandosi da una finestra dell'ospedale e si dà alla macchia in Val d'Ossola, aggregandosi alle formazioni combattenti. Per tutti i mesi della guerriglia Maria, che gira con una sorta di divisa ricavata da equipaggiamento militare, sulla quale ha cucito una grande croce rossa, organizza infermerie, ospedali da campo, cura i partigiani feriti e anche i nazifascisti catturati, si prodiga in ogni modo tanto che, come è stato scritto, dove si trovava la Peron c'era "l'assistenza più pronta e più efficace che le «Garibaldi» potessero vantare". L'infermiera riesce persino ad effettuare con successo una laparatomia in un fienile, "con pochi ferri a disposizione, senza guanti, senza cinto e a lume di candela". È sempre lei che, durante i rastrellamenti, riesce a portare in salvo i feriti che le sono affidati. È in questi frangenti che Maria Peron incontra il georgiano Laurenti Giapparize, che aveva disertato dalla Wehrmacht per combattere con i partigiani della "Valgrande Martire". Lo sposerà il 15 agosto 1945 e rimarrà nel Verbano dopo la Liberazione, a esercitare la sua professione di infermiera, lavorando in radiologia. Le radiazioni hanno portato Maria Peron alla morte a poco più di sessant'anni d'età. La popolazione di Rovegro (San Bernardino Verbano), dove l'infermiera partigiana abitava, ha voluto imporre il suo nome alla scuola elementare del luogo.