Mario Arnoldo Azzi
Era commissario politico dei GAP ferraresi e membro del CLN cittadino. Fu lui, che passandogli la bicicletta, consentì a Giuseppe D'Alema di mettersi in salvo, mentre i fascisti stavano per arrestarlo nei pressi di Piazza Castello, a Ferrara. Azzi fu eliminato, qualche giorno dopo la cattura, con Mario Agni, Gino Medini, Giuseppe Franceschini, Michele Pistani, Alberto Savonuzzi e Antenore Soffitti, in quello che viene ricordato come l'eccidio del Caffè del Doro. I corpi dei martiri furono ritrovati nei mesi successivi alla Liberazione. Infatti, sul finire dell'agosto 1945 - a poco più di quattro mesi dalla liberazione di Ferrara - nell'immediata periferia della città, nei pressi del Caffè del Doro, vennero disseppelliti i corpi di sette uomini.
Erano scomparsi l'anno precedente, dopo essere stati prelevati nottetempo dal carcere cittadino, dove erano stati rinchiusi per attività antifascista, in seguito agli arresti avvenuti tra il 7 ed il 26 ottobre 1944. Incarcerati per ordine di Carlo De Sanctis - a capo dell'Ufficio politico della Questura di Ferrara dal luglio 1944 - i sette avevano subito pesanti interrogatori, per alcuni accompagnati da vere e proprie torture, ed erano stati infine trucidati dalle SS con un colpo di pistola alla nuca. I corpi furono frettolosamente sepolti nel cratere aperto da una bomba e, fino al momento del ritrovamento delle salme, sulla sorte degli scomparsi nulla si seppe di certo. Ai familiari, che si erano peraltro visti consegnare gli effetti personali dei loro congiunti, De Sanctis aveva dichiarato che erano stati prelevati dalle SS e deportati in Germania.
Tra coloro che erano rimasti in carcere e negli stessi ambienti della Resistenza - che aveva tentato, senza riuscirci, di liberare i sette detenuti, i cui incarichi erano particolarmente nevralgici per l'organizzazione - circolarono voci di sommarie esecuzioni, confermate dal ritrovamento dell'agosto 1945. Il processo ai presunti responsabili dell'eccidio, che si tenne nell'immediato dopoguerra, dimostrò senza alcun dubbio che i sette partigiani erano stati trasportati dalle carceri al Caffè del Doro da un drappello di SS comandato dal maresciallo Pustowka, con un furgone messo a disposizione dalla Questura, diretta da Carlo De Sanctis.