Mario Mari
Sul finire dell'800 e i primi anni del '900, aderì al movimento anarchico. Aveva poi combattuto nel Primo conflitto mondiale e, nel 1920, si era trasferito nel Valdarno per dirigervi le lotte dei minatori della zona. Fu, per questo, arrestato, processato e assolto, per insufficienza di prove, dall'accusa di aver istigato scontri armati. Si trasferì successivamente a Roma, dove lavorò come cameriere. L'entrata in vigore delle leggi eccezionali fasciste comportò per Mari l'arresto e il confino per tre anni. Liberato nell'aprile del 1928, il cameriere tornò nella sua città e, nonostante fosse sottoposto a stretta sorveglianza, mantenne i contatti con i vecchi compagni. Passò, quindi, nelle file del Partito comunista e, dopo la caduta del fascismo, fu attivo nella Resistenza fiorentina. Dopo la Liberazione, Mario Mari fu nominato segretario nazionale del Sindacato minatori della CGIL.