Milo Navasa
Militante antifascista, nel dicembre 1944 era stato arrestato, per una delazione, col padre Augusto che, deportato a Mauthausen, sarebbe morto nel sottocampo di Gusen il 12 marzo 1945. Ristretto nel Forte San Leonardo, il carcere repubblichino di Verona, Milo fu sottoposto a pesanti interrogatori. Non diede ai fascisti nessuna informazione sulla Resistenza e venne quindi consegnato ai tedeschi, che lo trasferirono nel campo di transito di Bolzano. In via Resia, Navasa (matricola 8718), restò sino alla Liberazione e, quando tornò (a piedi), a Verona, trovò nella sua passione per la montagna uno scopo di vita. Maestro di arrampicate per generazioni di giovani veronesi, delle imprese alpinistiche di Navasa si ricorda soprattutto, delle tante "prime", il superamento (con Claudio Dal Bosco), dello spallone della parete est del Sassolungo. L'impresa, che richiese un'arrampicata di 800 metri, compiuta in tre giorni in condizioni climatiche proibitive, non è stata mai ripetuta. La "via" fu intitolata dal grande alpinista a "Cristina", la piccola figlia di Guido Chierego (allora presidente del CAI di Verona), morta in un incidente. Divenuto accademico del Club Alpino Italiano e del francese GHM, Milo Navasa fu direttore della scuola di arrampicata "Gino Priarolo" del CAI di Verona. Negli anni Settanta del XX secolo, Navasa si diede all'attività di subacqueo, ma non ha mai dimenticato gli anni della Resistenza. Nel 2005 a lui, ad Attilio Zampieri e a Luigi Spinelli - in occasione del "Giorno della Memoria" - il sindaco di Verona ha consegnato la Medaglia d'oro della città. Non a caso al funerale di Navasa, sulla bara sono stati deposti il casco e le corde usati nelle ascensioni e il fazzoletto dell'Associazione Nazionale Ex Deportati.