Nerina De Walderstein
Cresciuta in una famiglia della vecchia aristocrazia giuliana, la cui residenza si era trasformata durante l’occupazione nazifascista in un punto di raccolta di medicinali per le formazioni partigiane, Nerina nel 1944 era finita nelle mani degli sgherri della tristemente nota “Banda Collotti”.
Dopo essere stata torturata dagli uomini del commissariato speciale di PS per la Venezia Giulia, la ragazza era stata consegnata ai tedeschi, che l’avevano deportata nel Lager di Auschwitz, dove Nerina fortunosamente resistette alle violenze e alle privazioni.
Tra i sopravvissuti del campo poté tornare in Italia soltanto nell’estate del 1946, quando a Trieste (sotto governo anglo-americano) erano ancora in corso manifestazioni per determinare lo “status” della città. Debilitata dalla prigionia Nerina, che era uscita di casa per prendere una boccata d’aria, si trovò sul percorso di uno dei cortei e vedendola gli uomini della polizia civile istituita dal governo militare alleato la arrestarono e la trattennero in carcere per un mese, senza neppure avvisare la famiglia.
Si scoprì in seguito che uno di quei poliziotti alle dipendenze degli Alleati, aveva fatto parte della “Banda Collotti”…
Nerina De Walderstein, prima di ammalarsi, aveva dedicato i suoi ultimi anni a girare nelle scuole (non soltanto in quelle della sua regione), per parlare con gli studenti della sua drammatica esperienza e per tenere alti i valori dell’antifascismo.