Nicandro Ernesto Conte
Tenente della Guardia alla Frontiera, Nicandro Conte, che era sposato e padre di una bambina, dopo l'armistizio si mise in contatto col CLN di Saluzzo, affinché sollecitasse l'intervento di Pompeo Colajanni (allora "Nicola Barbato"). "Barbato", come comandante dei garibaldini della Valle Po, sarebbe dovuto intervenire per impedire l'attività di un gruppo di delinquenti comuni che, in una frazione di Venasca, taglieggiavano i valligiani e infangavano la Resistenza.
Fu così che "Barbato" trasferì in Val Varaita un distaccamento che &lquo; al comando del tenente Carlo Cotti (nome di battaglia Longoni) &lquo; mise ordine nelle varie formazioni di resistenti che si erano formate, spesso spontaneamente, nella zona. "Longoni" assolse rapidamente il suo compito e fece confluire nel gruppo di Conte (che, col nome di battaglia di "Tacito", operava nella zona della frazione Castello di Pontecanale e che, nelle casermette al confine con la Francia, aveva raccolto grandi quantitativi di armi), quelli operativi a Ciastralet e a Becetto di Sampere.
Da allora, i garibaldini della Val Varaita si batterono con successo contro i nazifascisti sino al 25 marzo del '44, quando furono investiti da un massiccio rastrellamento tedesco. Alcuni partigiani caddero combattendo, altri furono catturati e uccisi barbaramente. Anche "Tacito" finì nelle mani dei nazisti della SS Polizei. Dopo averlo inutilmente torturato per ottenere informazioni, i tedeschi costrinsero "Tacito" a gettarsi, legato ad una corda, nel gelido bacino della centrale elettrica, per recuperarvi le trote che i soldati avevano "pescato" col lancio di bombe a mano. Ottenute le trote, le SS (che già avevano fucilato nove dei loro prigionieri), si sbarazzarono anche di "Tacito", il cui cadavere fu abbandonato sul posto.
La salma, recuperata dai valligiani, fu sepolta nel cimitero di Calcinere e, dopo la Liberazione, traslata a Costigliole di Saluzzo, nell'area riservata ai Caduti della Resistenza, dove ancora oggi riposa.
(b.p.)