Nicola Grosa
"Chi è Nicola? È la figura più popolare del partigianato piemontese. La ragione? Per la sua vita di assoluta coerenza, di fedeltà alla sua idea. Egli la sua idea la conosce: ma tanto più è granitica, quanto più è ridotta a poche linee, semplici, essenziali. Se la fedeltà alla Resistenza s'incarna in qualche figura, si può dire che si incarna particolarmente nella sua; in quest'uomo non molto grande di statura, magro, secco, che è forte come una roccia... ". Così ha scritto, di Grosa, Franco Antonicelli e, oggi, una roccia con l'effigie di Nicola è collocata in un giardinetto di Torino, vicino al nuovo Palazzo di Giustizia. Forte come una roccia, Grosa, ma non tanto da resistere ad un'infezione contratta mentre, spinto da umana pietà, se ne andava per le montagne del Piemonte per recuperare i corpi dei suoi partigiani, che avevano avuto sommaria sepoltura nei luoghi dove erano caduti combattendo, e che Nicola ha voluto fossero tumulati nel Campo della gloria di Torino. La coerenza, Grosa, l'aveva appresa dai suoi genitori, entrambi feriti sul ponte Mosca dalla polizia mentre, lui aveva dieci anni, manifestavano contro la guerra. Così nel 1920 il ragazzo, apprendista, partecipa all'occupazione delle fabbriche. Nel 1921, per uno scontro con i fascisti, si fa dieci mesi di carcere. Nel '22 comanda la I Centuria degli Arditi del popolo torinesi e diventa segretario del Fascio giovanile comunista "Francisco Ferrer". Nel 1924, militare di leva, è sottoposto a vigilanza speciale. Nel 1931, perseguitato dai fascisti, deve allontanarsi da Torino. Quando ci ritorna riprende l'attività antifascista clandestina. Dopo l'armistizio si butta nella lotta partigiana e come prima azione organizza la fuga dei prigionieri inglesi concentrati a Gassino Torinese. Dal maggio al settembre 1944 è commissario politico della II Divisione d'assalto Garibaldi. Nel marzo del 1945 è nominato commissario del Raggruppamento II e IV Divisione. Alla Liberazione è ispettore regionale dell'assistenza postbellica per il Piemonte. Per oltre tredici anni presiede l'ANPI provinciale di Torino e poi diventa consigliere comunale della sua città. La morte lo coglie quando ha terminato di dare degna sepoltura ai suoi ragazzi