Orazio Mori
Figlio di contadini, da ragazzo aveva trovato lavoro come meccanico presso il Fabbricone di Arezzo. Qui aveva aderito a Partito socialista, divenendone un popolare dirigente locale. Fu Mori a fondare, nel 1915, il settimanale Il lavoratore e fu lui che, quando, nel 1919, divenne segretario provinciale della Federterra, diresse le lotte mezzadrili nell'Aretino.
Passato al PCd'I alla sua fondazione, Mori ebbe naturalmente a scontrarsi con i fascisti, che non dimenticavano il ruolo da lui avuto, nel 1920, durante l'occupazione delle fabbriche, che diresse come membro della commissione interna del Fabbricone. Proprio per quel suo ruolo, Mori finì anche in carcere, dopo di che non riuscì più a trovare lavoro come meccanico, nonostante avesse cercato un'occupazione anche a Roma e a Milano.
Tornato ad Arezzo nel 1925, sopravvisse facendo prima il venditore ambulante e aprendo, poi, una cartolibreria. Dopo la caduta del fascismo riprese l'attività politica e partecipò alla Resistenza nell'Aretino.
All'indomani della liberazione di Arezzo (luglio 1944), Mori rappresentò il PCI nella giunta comunale del capoluogo. In seguito si dedicò esclusivamente alla gestione del suo negozio.