Pietro Amendola
Ultimo dei figli di Giovanni Amendola, è stato fin da ragazzo attivo antifascista. Nel 1937, anche seguendo l'esempio del fratello Giorgio, Pietro s'iscrive al PCI. Tre anni dopo il giovane finisce dinanzi al Tribunale speciale, che lo condanna a dieci anni di reclusione. Ne sconta tre e, grazie alla caduta del fascismo, è rimesso in libertà. Riprende subito il suo posto di lotta ed è tra gli organizzatori della Resistenza nel Lazio. Partigiano combattente, operò in una formazione del CVL col grado di capitano.
Dopo la Liberazione, nel 1946, Pietro Amendola fu segretario della Federazione comunista di Salerno e, dal 1947 al 1948, redattore del quotidiano di Napoli La Voce. Eletto deputato nel 1948 e rieletto per il PCI in successive legislature, è stato attivo sino alla morte nella presidenza dell'Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha inviato alla famiglia Amendola il seguente messaggio: "Ho appreso con profonda commozione della scomparsa di Pietro Amendola a cui sono stato legato da una profonda amicizia alimentata anche dalla mia particolare vicinanza a suo fratello Giorgio. Pietro è stato combattente coraggioso nella guerra di Liberazione dal nazifascismo ma anche coerente assertore dei valori di libertà, di giustizia e di democrazia che hanno caratterizzato la cultura politica liberale e ispirato tanta parte della sinistra italiana. Attaccato profondamente alla radici campane, parlamentare di lungo corso e uomo delle istituzioni, sempre attento ai bisogni e all'ansia di riscatto dei più deboli e indifesi, Pietro Amendola ha esemplarmente vissuto i principi che animano la Costituzione repubblicana. Ricordo la sua grande umanità, la sua pacatezza e determinazione, il senso pieno di una vita che offre un sicuro punto di riferimento per le nuove generazioni. È con questi sentimenti che sono vicino alla sua famiglia, alle organizzazioni partigiane e dei perseguitati dal fascismo, agli amici e a quanti rimpiangono il suo spirito libero".
A sua volta Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli, ha sottolineato che "la morte di Pietro Amendola, l'ultimo dei figli di Giovanni, porta via l'erede coraggioso e coerente di una tradizione culturale e politica che, anche attraverso Giorgio Amendola, tanto ha dato alle aspirazioni di libertà del nostro popolo e alle istituzioni democratiche del Paese". La Jervolino ha aggiunto, tra l'altro, che "di Pietro Amendola non possiamo dimenticare il coraggio che fin da giovanissimo lo ha portato a sostenere tesi di libertà e di giustizia, l'attaccamento forte alla sua terra d'origine e l'umanità vivissima".
"Un uomo di straordinaria generosità e profonda passione civile e politica" lo ha definito Piero Fassino ricordando che '"...nonostante il male ne minasse il fisico, volle fare la fila assieme a tanti cittadini per partecipare, il 14 ottobre, alle primarie del Partito democratico ed essere così fedele fino all'ultimo al suo impegno di uomo di sinistra e alle sue convinzioni di progressista'".
A sua volta Walter Veltroni ha ricordato che "aveva ragione chi scriveva che nel Dna di Pietro Amendola c'era l'amore per l'Italia, per la democrazia e per la libertà". Il sindaco di Roma ha proseguito affermando che "è un pezzo di storia del Paese che se ne va... Mi piacerebbe ricordare il suo grande interesse per i giovani. Pietro, diceva che la sua generazione poteva apparire ai ragazzi un po' enfatica e predicatoria e per questo occorreva 'incontrare i giovani, capirli e farsi capire'. Pietro ha incontrato tante ragazze e ragazzi italiani, a loro, ai suoi cari, a me e a moltissimi altri mancherà molto".
Anche il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha mandato alla famiglia Amendola un messaggio di cordoglio.