Pietro Secchia
Studente ginnasiale, nel 1917, per le disagiate condizioni della sua famiglia, il ragazzo aveva dovuto impiegarsi presso una conceria di Biella. Fu licenziato tre anni dopo per aver partecipato, unico tra gli impiegati, ad uno sciopero a fianco degli operai. Pietro Secchia, che era già diventato un dirigente dei giovani socialisti, sul finire del 1920 partecipò al movimento dell'occupazione delle fabbriche. Come la grande maggioranza dei membri della Federazione giovanile socialista, aveva aderito alla Frazione comunista promossa da Bordiga e nel gennaio del 1921 fu tra i promotori del P.C.d'I a Biella.
L'agosto del 1922 lo vede partecipare alla difesa di Novara contro le bande fasciste. Nel 1923 a Milano, dove lavorava come muratore, divenne segretario della Federazione giovanile comunista. A dicembre dello stesso anno fu costretto ad emigrare in Francia. Tornò in Italia su sollecitazione di Luigi Longo e, in occasione del V Congresso dell'Internazionale comunista, fu mandato a Mosca. Di nuovo in Italia, dove la vita del partito si svolgeva ormai in semi clandestinità, andò a lavorare alla Fiat di Torino.
Era ormai diventato un "rivoluzionario professionale" ed usava nomi di copertura (il nome di battaglia prevalente, tra i tanti utilizzati, era "Botte"). Nel novembre del 1925 il primo arresto, a Trieste, e la condanna a dieci mesi di reclusione. Altri arresti e condanne sarebbero seguiti. Responsabile del Centro interno del suo partito dal gennaio 1931, Secchia finisce nelle mani della polizia il 3 aprile del 1931. Il 2 dicembre il Tribunale speciale fascista lo condanna a diciassette anni e nove mesi di reclusione. Sconta la pena nei carceri di Lucca e Civitavecchia e, quando è amnistiato, nel 1936, è confinato a Ponza e a Ventotene.
Secchia è liberato il 19 agosto 1943. A fine mese partecipa a Roma alla costituzione della Direzione provvisoria del Partito comunista, che è divisa tra la Capitale e Milano. È nel capoluogo lombardo che Longo (come responsabile politico) e Secchia (come responsabile organizzativo) danno immediato impulso alla lotta partigiana. Si costituisce il Comando generale delle Brigate Garibaldi. Ne è a capo Luigi Longo, Secchia è il commissario politico. È in questo ruolo che egli difende la politica di unità ciellenista e lo sforzo di mobilitazione popolare contro i nazifascisti. Secchia si impegna nella attività organizzativa quotidiana per dare il massimo sviluppo al movimento garibaldino, senza trascurare il rafforzamento del suo partito e il suo radicamento tra le masse.
Al V Congresso del PCI, che si svolge nel 1945, Pietro Secchia è eletto membro del CC, della Direzione e della Segreteria. Dal 1948 al 1954 è, con Longo, vice segretario del Partito, dalla direzione del quale viene poi in qualche modo emarginato, anche se ha sempre svolto incarichi di rilievo. Secchia è stato anche consultore nazionale, deputato alla Costituente e senatore dal 1948. Nel 1963 ha ricoperto la carica di vicepresidente del Senato. È stato pure vice presidente dell'ANPI nazionale e dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia. Copiosa la sua produzione di saggi sulla storia del movimento operaio e sulla Resistenza.