Pore Mosulishvili
Il conferimento della Medaglia d'Oro a questo partigiano georgiano è avvenuto nel 1970. Il governo italiano ha voluto così riconoscere in lui un simbolo della solidarietà antifascista internazionale. Sotto quest'aspetto, la vita e la morte di Mosulishvili sono davvero esemplari. Nel 1939, Pore è arruolato nell'Armata Rossa. Quando i tedeschi invadono l'allora Unione Sovietica, lui compie il suo dovere con grande coraggio, tanto che si guadagna sul campo la nomina a sottufficiale. Nel 1944 Mosulishvili viene catturato dai tedeschi, che lo incorporano in un reparto speciale e lo trasferiscono in Italia con altri prigionieri sovietici e cecoslovacchi. Il reparto ha compiti di presidio territoriale e d'antiguerriglia e, al comando di Pore, un plotone di ex prigionieri viene dislocato nel Novarese, a Stresa. Qui Mosulishvili valuta la situazione, si mette in contatto con i partigiani della 118ª Brigata Garibaldi e il 7 settembre 1944, con altri 36 ex prigionieri georgiani, passa, armi e bagagli, nelle file della Resistenza italiana. Inquadrati nel 2° Battaglione della 118ª, i georgiani si distinguono subito per azioni audacissime. Dal 9 al 14 ottobre partecipano alla difesa della repubblica partigiana dell'Ossola. Il 26 ottobre sono tra i protagonisti dell'attacco che il 2° Battaglione conduce contro un convoglio di fascisti e che si conclude con l'eliminazione di 23 repubblichini. Nel novembre i nazifascisti decidono di sferrare una violenta controffensiva nella zona del Mottarone-Vergante, nel basso Verbano, settore operativo della Brigata "Servadei". I partigiani si dividono in piccoli gruppi, per resistere meglio all'attacco di forze soverchianti. Nel gruppo di Pore c'è anche il comandante del 2° Battaglione. La notte del 3 dicembre i partigiani trovano riparo in una baita sopra Lesa; ma la loro presenza viene notata ed una spia li denuncia ai tedeschi che accorrono in forze. È l'alba quando comincia un violentissimo combattimento. I partigiani, accerchiati, stanno per finire le munizioni. I tedeschi se ne accorgono e intimano la resa, promettendo salva la vita a tutti i partigiani, purché sia loro consegnato il comandante. A questo punto, cogliendo di sorpresa i suoi, Pore esce allo scoperto, si fa incontro ai tedeschi e grida: "Sono io il comandante!". Fa ancora pochi passi, si punta la pistola alla testa ed esplode l'ultimo colpo rimasto nell'arma.