Raimondo Lacchin
Era ancora studente quando, nel giugno del 1944, si era unito ai garibaldini del Battaglione Manin del Gruppo Brigate Garibaldi “Vittorio Veneto”. Il 7 novembre dello stesso anno il “Chirurgo Glucor” (questo il suo nome di battaglia, con l’acronimo che stava a significare Giustizia, Libertà, Uguaglianza, Coscienza Onesta e Responsabile, che sarebbero stati i caposaldi della sua etica ed avrebbero improntato il decalogo del Battaglione al cui comando sarebbe stato eletto pochi mesi dopo) era a capo di una formazione partigiana – la Brigata “Ciro Menotti” - che sarebbe arrivata a contare oltre 550 combattenti, operanti nella Destra Tagliamento e in Cansiglio. Con questi uomini (con l’appoggio anche dei partigiani sovietici del Battaglione “Kirov” e degli ufficiali di una Missione alleata) Lacchin avrebbe liberato, sconfitti i nazifascisti alla fine dell’aprile 1945, la città di Sacile, riuscendo anche a salvare dalla distruzione molte aziende della zona e la Centrale elettrica di Caneva, che i tedeschi avevano minato. Nel dopoguerra il Comune di Sacile l’avrebbe decorato di Medaglia d’argento per il ruolo svolto nella Resistenza. Raimondo Lacchin si è infatti laureato all’Università di Bologna, ma a Sacile ha svolto la sua professione, operando come primario medico psichiatrico nella città del Livenza. “Glucor”, consigliere provinciale dell’ANPI, ha ricoperto per anni ed anni anche l’incarico di presidente della Sezione di Sacile e nel 2003 aveva pubblicato, in collaborazione con Pier Paolo Brescacin (direttore dell’Istituto per la storia della Resistenza e della Società Contemporanea del Vittoriese), il libro Quando vestivamo alla garibaldina –Diario 1944-1945, una partecipe storia della lotta partigiana nella foresta del Cansiglio, dove Lacchin aveva allestito al Col del Scios, in collaborazione col maggiore inglese Harold William Tilman, una efficientissima base per ricevere i “lanci” degli Alleati. La salma di “Chirurgo-Glucor” è stata inumata nella tomba di famiglia dei Lacchin, a Polcenigo.