Renato Romagnoli
Renato Romagnoli dopo la licenza all’Istituto d'avviamento professionale diviene operaio alle Officine Civolani della Bolognina. Entrato in rapporto con militanti comunisti, sul finire del 1942 aderisce al PCI svolgendo attività clandestina per l’organizzazione degli scioperi per la pace. Dopo la caduta del fascismo, la notte del 27 luglio 1943 viene arrestato e resterà in carcere fino al 17 settembre. Nel periodo immediatamente successivo, con un nutrito gruppo di bolognesi contribuisce alla formazione dei primi gruppi partigiani sulle montagne venete, assumendo il nome di battaglia “Italiano”. Rientrato a Bologna il 7 aprile 1944, diviene componente della 7ª Brigata Garibaldi GAP.
Protagonista della Resistenza in città, il 9 agosto partecipa con altri dodici gappisti all’azione per la liberazione dei detenuti politici e di altri duecento detenuti comuni nel carcere di San Giovanni in Monte in pieno centro storico; partecipa alle battaglie di Porta Lame (7 novembre) e della Bolognina (15 novembre), entrambe contro preponderanti forze nazifasciste.
A novembre comincia una vasta, sanguinosa offensiva anti partigiana con delazioni, spionaggio, infiltrazioni, torture, assassinii, deportazioni nei lager.
Così la 7ª GAP, al comando di Italiano, ha il compito di selezionare un gruppo ristretto ma affidabile per costituire un corpo di polizia partigiana, proteggere i combattenti e le loro famiglie, colpire il nemico nei suoi gangli militari e politici. Nel 2005 con il libro “Repressione nazifascista e polizia partigiana”, Romagnoli racconterà il particolare aspetto della guerriglia patriottica in città.
Il 21 aprile 1945, giorno della Liberazione di Bologna, Italiano con i suoi compagni partecipa alla presa del centro cittadino e degli uffici pubblici.
La Repubblica riconoscerà il suo contributo decorandolo con la Medaglia d'Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
"Comandante della squadra di polizia di una brigata G.A.P. partecipava con solo undici compagni animati dalla stessa fede all’audace colpo di mano che ridava libertà a duecentoquaranta detenuti politici rinchiusi nelle carceri di S. Giovanni in Monte.
A Porta Lame e alla Bolognina si distingueva per indomito valore sostenendo una fiera lotta contro preponderanti forze nazifasciste che appoggiate da dodici carri armati cercavano di sgominare e catturare i partigiani rifugiati fra le macerie delle case distrutte dai bombardamenti aerei. Dopo un’epica difesa, piuttosto che cadere nelle mani del nemico, arditamente balzava fuori dal rifugio e abbattuti col preciso fuoco del suo mitra due soldati tedeschi accorsi per sbarrargli il passo, dava la possibilità ai compagni di sfuggire all’accerchiamento e di portare in salvo i partigiani feriti. Mirabile esempio di audacia, altruismo e sprezzo del pericolo".
Nell'immediato dopoguerra insieme ad altri partigiani, Romagnoli entra a far parte della Pubblica Sicurezza, al Commissariato Due Torri della Questura. Ma già in dicembre i partigiani saranno licenziati per discriminazione politica e nel luglio 1946, Romagnoli torna a fare l’operaio alla Ducati di Borgo Panigale. Anche in fabbrica è vittima della persecuzione anti partigiana e anticomunista: costretto all'espatrio, viene più volte imprigionato con inconsistenti accuse prefabbricate, e infine assolto nel processo.
Assunto in Comune, dove lavorerà per diciannove anni, nel 1953 viene nuovamente licenziato per discriminazione politica da parte dell'allora prefetto e poi reintegrato. Negli anni seguenti ha ricoperto incarichi nel PCI. Dal 1975 è nella dirigenza dell'ANPI provinciale di Bologna, anche con il ruolo di Amministratore e nel 2014 è eletto Presidente.