Renato Ruffinato
Non era ancora diciottenne e non aveva obblighi militari quando, lasciato il suo lavoro, dopo l'armistizio, si unì ai partigiani della Divisione Autonoma "Sergio De Vitis", attiva nella zona del Pellice e della Val Sangone. La sua resistenza nelle marce gli valse tra i compagni l'appellativo scherzoso di "Gigante della montagna". In effetti, il ragazzo; che conosceva molto bene la zona, fu di grande aiuto nei trasferimenti dalle basi di montagna alla pianura, quando occorreva aggirare i posti di blocco nazifascisti e mantenere i contatti con i vari gruppi di partigiani. Renato, dopo uno scontro cruento, fu catturato nel suo paese natale l'11 maggio 1944 e non rivelò la sua vera identità per evitare rappresaglie contro i suoi familiari. Prima di trucidarlo, i fascisti lo costrinsero a scavarsi la fossa. A Ruffinato, la massima ricompensa al valore è stata attribuita con questa motivazione: "Figlio unico e senza obblighi di leva, salì all'Alpe nell'ottobre 1943 per combattere contro i tedeschi. Infaticabile ed ardimentosa guida ai reparti che scendevano dai monti al piano per attaccare i presìdi nemici, fu soprannominato il " gigante della montagna ". Combatté a Orbassano e a Cumiana riuscendo audacemente a forzare i posti di blocco avversari, per mantenere i collegamenti con gli altri reparti operanti. Catturato durante un furioso combattimento dopo avere sparato l'ultima cartuccia, fu sottoposto alle più inumane torture che sopportò con sublime forza d'animo, fino a rinnegare la sua mamma per non esporla a rappresaglia. Trasportato a ludibrio per le vie del paese, fu costretto a scavarsi la fossa e, benché ridotto a piaga vivente, ebbe la forza di gridare la sua fede in faccia ai carnefici che barbaramente lo trucidarono. Figura di leggendario eroismo".