Renato Viola
A soli 17 anni si era diplomato in ragioneria. Frequentava la Facoltà di Economia e Commercio, quando fu chiamato alle armi. Arruolato in Aviazione come allievo ufficiale pilota, il giovane, l'8 settembre 1943, era stato catturato dai tedeschi. Rinchiuso in un campo di internamento, Viola riuscì a evadere e, nell'agosto del 1944, entrò nella Resistenza unendosi, col nome di battaglia di Mirko, ai partigiani piemontesi. Incaricato, in un primo tempo, soprattutto della stampa e della diffusione di materiale di propaganda clandestina, nel febbraio del 1945 "Mirko" divenne il comandante di un distaccamento della brigata GAP "Dante Di Nanni" operante a Torino. Catturato dai nazifascisti, il ragazzo fu incarcerato, processato e condannato a morte. Sono datate 18 aprile le lettere che Renato Viola, in attesa dell'esecuzione, scrisse ai genitori, ai fratelli e alla fidanzata. Alla mamma e al papà "Mirko", tra l'altro scriveva: "L'idea va difesa in tutti i modi perché possa vivere. Mi avete insegnato ad essere onesto e italiano prima di ogni altra cosa: vi sono riconoscenteè Ho preferito vivere in mezzo agli umili, ai diseredati dalla vita, in mezzo a chi lavorando soffreè Scusatemi le bugie a cui sono stato costretto per meglio servire il mio idealeè Perdonatemi ma siate fieriè". Renato Viola non fu fucilato; liberato dai partigiani, cadde combattendo contro i nazifascisti durante gli scontri per la liberazione del capoluogo piemontese. Una lapide lo ricorda in via Ormea; l'Università di Torino gli ha conferito la Laurea alla memoria.