Renzo Frasconi
Aveva cominciato a lavorare come portalettere ed aveva trovato poi impiego, all'Istituto per l'Africa Italiana, come aiuto archivista. Con il fratello Fabio, come lui comunista, svolse durante il regime una rischiosa attività di propaganda antifascista. Dopo l'8 settembre 1943 e l'occupazione tedesca di Firenze, entrò nelle file della Resistenza. Renzo Frasconi partecipò ad azioni di sabotaggio e alla diffusione di volantini e di giornali antifascisti. S'impegnò particolarmente nell'aiutare le prime formazioni partigiane, contribuendo al loro rafforzamento anche aiutando i giovani, che non intendevano arruolarsi nelle file dell'esercito della RSI, a darsi alla macchia.
Arrestato dai fascisti la sera dell'11 febbraio 1944, Renzo Frasconi fu rinchiuso nel carcere delle Mantellate. Uscì dalla sua cella il mese dopo, per essere deportato nel lager di Mauthausen. Di qui passò al campo di Gusen 1°, dove morì poco prima dell'arrivo dei liberatori.
Presago di quel che gli sarebbe successo, il giovane antifascista (prima di essere deportato), riuscì a consegnare ad un amico "lettere testamento" da consegnare (dopo che lo scrivente fosse morto), alla mamma, al fratello, ai parenti e agli amici. Alcune sono state pubblicate da Mario Avagliano, direttore del Centro Studi della Resistenza dell'ANPI di Roma-Lazio, nel libro, Generazione ribelle, stampato dall'Einaudi nel 2006 e che contiene diari e lettere dal 1943 al 1945.