Rino Mandoli
Occupato presso le officine S.I.A.C. di Cornigliano, nel 1935 aveva aderito al Partito comunista. Durante la guerra di Spagna, si era particolarmente impegnato nella raccolta di aiuti, destinati ai garibaldini che combattevano, in difesa della Repubblica democratica, contro i franchisti. Nell'aprile del 1939, l'operaio genovese fu arrestato con altri compagni. Rinchiuso nel carcere di Marassi e deferito al Tribunale speciale, Mandoli fu trasferito a Regina Coeli. A Roma, il 4 marzo 1940, fu condannato a otto anni di reclusione che scontò parzialmente nel penitenziario di Castelfranco Emilia (Modena). Riacquistata la libertà grazie alla caduta del fascismo, Mandoli riprese subito l'attività politica e, dopo l'8 settembre 1943, fu tra gli organizzatori delle prime formazioni partigiane operanti nell'Appennino ligure-piemontese. Era commissario politico (col nome di copertura di Sergio Boero), della III Brigata Garibaldi quando, il 25 febbraio 1944, mentre era di pattuglia nei pressi dei Laghi di Lavagnino, cadde nelle mani dei nazifascisti. Incarcerato ad Alessandria, il giovane operaio fu sottoposto a tortura dai tedeschi, che non riuscirono però ad estorcergli informazioni che potessero compromettere l'organizzazione della Resistenza. Trasferito a Genova, dove la polizia scoprì la sua vera identità, Rino Mandoli fu rinchiuso nella quarta Sezione del carcere di Marassi. Di lì lo prelevarono i tedeschi quando decisero di trucidare (per rappresaglia dopo un attentato dei GAP genovesi al cinema Odeon, che aveva provocato la morte di cinque soldati della Wehrmacht), cinquantanove patrioti. Prima di essere portato, con gli altri martiri, in località Fontanafredda per essere eliminato, l'operaio genovese riuscì a far uscire dal carcere un biglietto che diceva: "Ai miei cari famigliari e agli amici e compagni tutti, vada in questa triste ora il mio più caro saluto e l'augurio migliore per l'agognato 'avvenire'. Non piangete e ricordatemi. Questo è il solo premio a cui ambisco. Ricordate che l'Italia sarà tanto più grande quanto più sangue il suo popolo verserà serenamente. Mandoli Rino". Al Colle del Turchino, le vittime designate dovettero salire sulle assi sistemate sopra una grande fossa (che il giorno prima un gruppo di prigionieri ebrei era stato costretto a scavare), e vennero uccise a colpi di mitra in gruppi di sei, cadendo sui corpi dei loro compagni già eliminati. Dodici dei martiri del Turchino non sono mai stati identificati; i nomi degli altri patrioti (quasi tutti giovanissimi) massacrati con Mandoli sono: Aldo Matteo Alloisio (nato il 2/10/1921), Domenico Arecco (23/8/1913), Valerio Bavassano (14/1/1923), Giuseppe Bottaro (24/3/1905), Angelo Briano (21/4/1922), Attilio Briano (8/5/1923), Renato Brunati (8/2/1903), Augusto Calzolari (28/9/1924), Giulio Cannoni (15/12/1920), Angelo Castellini (11/11/1924), Pietro Cavallo (14/9/1924), Alessandro Cavanna (24/2/1922), Gaetano Colombo (4/7/1900), Mario Dagnino (19/3/1925), Orazio Esposto (22/4/1896), Sandro Fallabrino (5/7/1925), Edoardo Ferrari (4/4/1922), Ferrero Gio Battista (3/9/1924), Francesco Fialdini (2/5/1924), Giovanni Fialdini (2/5/1924), Pietro Fraguglia (24/2/1924), Enrico Gaiti (23/6/1920), Bruno Ghiglione (18/10/1924), Pietro Gibelli (4/5/1924), Enrico Grenno (25/8/1925), Luigi Grenno (11/11/1920), Emilio Guerra (19/11/1905), Onorato Leone (30/4/1919), Salvatore Marozzelli (7/1/1904), Giovanni Martini (22/2/1918), Antonio Massa (6/10/1924), Giancarlo Odino (9/8/1894), Ubaldo Ottonello (2/2/1922), Isidoro Pestarino (20/9/1920), Francesco Podestà (16/4/1923), Luigi Ratto (15/6/1904), Luigi Rocca (30/8/1905), Domenico Santo (28/4/1902), Angioletto Sasso (10/2/1922), Cesare Scolesite (11/11/1925), Rinaldo Sozo (15/10/1922), Renzo Tassara (23/3/1925), Pietro Turni (18/1/1905), Bartolomeo Uberti (5/8/1907), Walter Ulanowski (6/7/1923), Angelo Verdino (2/8/1907). A Rino Mandoli, il Comune di Genova ha intitolato una via del Rione di Staglieno, dove il valoroso operaio era nato ed aveva abitato.