Rino Sisti
Orfano dei genitori era vissuto e aveva studiato nel Collegio milanese dei Martinit. Era poi andato a lavorare alla “Redaelli” di Rogoredo, nella cui squadra di calcio giocava come portiere, pur essendo nei ranghi del Milan.
Dopo l’8 settembre 1943, Sisti (che era di Leva, ma aveva rifiutato l’arruolamento nella repubblichina di Salò) fu deportato in Germania. Per tornare in Italia finse di accettare di entrare nei ranghi fascisti. Arrivato a Milano, fuggì dal treno, ma fu ripreso e trasferito a Torino.
Nel capoluogo piemontese nuova fuga, riuscita, e l’ingresso del giovane nella brigata “Vitrani” della 43ma Divisione Garibaldi “De Vitis”. Subito apprezzato per il suo coraggio e la sua perizia, Sisti combatté con i suoi compagni sino al maggio del 1944.
Il giorno 12, durante un rastrellamento nazifascista in provincia di Torino, fu catturato da una pattuglia nemica dopo un prolungato scontro a fuoco. Sottoposto a tortura, Rino Sisti non volle dare alcuna informazione ai suoi carnefici, che lo trucidarono in località Pontetto della Maddalena.
Alla memoria di Rino Sisti è stata decretata la ricompensa al valore; il suo nome è ricordato, con quelli di altri Caduti, in una lapide che l’ANPI ha fatto apporre in una piazza di Quinto Romano.