Riziero Fantini
Di famiglia socialista, aveva soltanto 15 anni quando si era iscritto a un Circolo del PSI di Coppito. Nel 1910 era emigrato negli Stati Uniti, dove aderì al movimento anarchico, conoscendo così Sacco e Vanzetti. Fantini collaborò con i giornali degli emigrati italiani e viaggiò a lungo nel Centro America per propagandarvi le idee dell'anarchia. Tornato in Italia, nel 1920 si stabilì nelle Marche, dove costituì un Comitato a favore dei due anarchici sottoposti a processo dalle autorità americane. Ciò gli valse la schedatura della polizia.
All'avvento del fascismo, Fantini decise di trasferirsi a Roma, dove poteva più facilmente sottrarsi ai controlli. Abitava nel quartiere popolare di Montesacro e qui, nel 1940, aderì al Partito comunista, diventando responsabile di una Cellula clandestina. Caduto il regime e sopravvenuto l'armistizio Fantini (che era padre di quattro figli), si impegnò nell'organizzazione della Resistenza a Montesacro con un gruppo di altri operai antifascisti. Presto scoperto dalla polizia, il 23 dicembre 1943 fu arrestato dalle SS con due dei suoi figli (Adolfo e Furio) e rinchiuso nel terzo braccio di Regina Coeli. Più volte torturato e quindi sottoposto a processo sommario, Riziero fu condannato a morte.
Fu, con i compagni Italo Grimaldi e Antonio Feurra (con lui fucilati nello stesso giorno sugli spalti di Forte Bravetta), uno dei primi martiri della Resistenza romana. Il cappellano del carcere consegnò alla moglie di Fantini, Marziana Taggi, un biglietto di addio accompagnandolo con un orologio Longines del marito, tutto rotto per le percosse da lui subite in carcere. Nel quartiere Montesacro una lapide - dedicata alla memoria di Fantini, di Renzo Piasco, Antonio Pistonesi e Filippo Rocchi, uccisi a Forte Bravetta e alle Fosse Ardeatine durante l'occupazione nazifascista - è stata incendiata e gravemente danneggiata nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2004.