Rosetta Molinari
Figlia primogenita di Aronne Molinari, comandante della Brigata Garibaldi Padova-Sabatucci e nel dopoguerra dirigente comunista, Rosetta opera come staffetta nella città veneta. La famiglia Molinari è perseguitata fin da quando, nel 1922, i quartieri popolari di Parma si sono opposti con le barricate alle squadre fasciste di Farinacci e Balbo. Aronne, apprendista meccanico, aveva partecipato alla battaglia ed era stato arrestato una prima volta. Imprigionato a più riprese, era poi stato trasferito nel carcere di Piazza Castello a Padova, da dove verrà rilasciato nel '38.
Papà Aronne con la moglie e i due figli restano nel capoluogo patavino grazie al lavoro e alla casa offerti dal costruttore di biciclette Rizzato (vicino alla componente democristiana del CLN), il quale non farà mai mancare lo stipendio al suo dipendente, anche quando dopo l'8 settembre – per organizzare la Resistenza – non andrà più in fabbrica (sarà pure catturato dalla Banda Carità).
Nel '43, la sedicenne Rosetta è impiegata dattilografa nello studio di un ragioniere, partecipa alla lotta contro l'occupazione come staffetta – lo è anche sua madre, trattenuta per 15 giorni nella gendarmeria tedesca – e seguendo il padre nei vari spostamenti; si interessa di politica ed è estremamente consapevole dell'indispensabile ruolo delle donne nella Resistenza. Tra le fondatrici dell'UDI, dopo la guerra si impegna nella Fgci, poi nel PCI. Sposa Cesare Milani, già segretario padovano del Fronte della Gioventù e consigliere provinciale. Nel 1964 viene eletta nel Consiglio comunale di Padova, dove resterà fino al 1970. È il 1975 quando diviene la prima donna eletta nel Consiglio della Regione Veneto. Si occupa soprattutto del diritto di famiglia e di servizi sociali dedicati alle donne, lavorando in favore di una rete regionale di consultori.