Salvatore Cacciapuoti
Militante comunista dal 1931, Cacciapuoti, che si occupava dell'organizzazione clandestina nei luoghi di lavoro del capoluogo partenopeo, fu arrestato dalla polizia fascista nel 1936 e, di nuovo, nel 1937. Nel 1938 fu condannato dal Tribunale speciale a nove anni di reclusione, dei quali ne scontò ben sei. Proprio durante quel periodo ebbe modo di conoscere Gian Carlo Pajetta. Dopo l'8 settembre 1943 l'operaio comunista prese parte alla Guerra di Liberazione: tra gli organizzatori della rivolta contro i tedeschi a Napoli, si distinse anche tra i dirigenti della Resistenza in Campania. Dopo la Liberazione, divenne segretario della Federazione provinciale comunista napoletana e, dal 1954 al 1956, fu anche segretario regionale del PCI per la Campania. Consigliere comunale di Napoli dal 1956 al 1958, Salvatore Cacciapuoti dal V Congresso è stato eletto nel Comitato centrale del suo partito. Trasferitosi a Roma vi ha lavorato presso la Commissione stampa e propaganda del PCI e, nel 1958 è entrato nell'Ufficio di segreteria, dove è rimasto sino al 1960. Da quell'anno e sino al 1963 ha fatto parte della Commissione centrale di organizzazione. Uscito dal CC del PCI col XII Congresso, Cacciapuoti passò a dirigere il Comitato regionale siciliano del partito. Nel 1986 è designato alla segreteria della Commissione Centrale di Controllo del PCI e con lo scioglimento del Partito diviene, sino alla morte, invitato permanente della Commissione di garanzia del Partito Democratico della Sinistra. Le carte di Salvatore Cacciapuoti sono conservate, dal 1996, presso la Fondazione Istituto Gramsci. Dei suoi libri si ricorda qui Storia di un operaio napoletano, pubblicato nel 1972 con prefazione di Giorgio Amendola.